Editoriali
Lunedì 20 Novembre 2017
La rivincita degli scacchi, che offuscano il cellulare
di Caterina Belloni
Noi italiani abbiamo il vizio di guardare a certi paesi stranieri, quali gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, per cercare modelli e nuove tendenze, ma talvolta capita che siano loro ad arrivare a un’idea dopo di noi. Di recente il Guardian, uno dei più autorevoli quotidiani britannici, ha dedicato un titolone alla notizia che giocare a scacchi a scuola, specie alle elementari, aiuta a migliorare le capacità logiche e matematiche ma anche – e questo forse è l’elemento più interessante – a trovare un passatempo alternativo all’uso del telefonino e del computer, strumenti irrinunciabili per bimbi e adolescenti di oggi come lo erano per noi quarant’anni fa la televisione del pomeriggio o il mangiacassette. Solo che, per via della loro possibilità di aprirsi sul mondo e per la loro rapidità-ampiezza-incontrollabilità, i mezzi contemporanei suscitano un’angoscia maggiore. I genitori sono spaventati e quindi ogni alternativa ad essi viene accolta con entusiasmo. Come è successo, appunto, in Gran Bretagna per gli scacchi. Qualcuno ha cominciato ad insegnare il gioco a scuola e a convincere i ragazzi a fare pratica e in un batter d’occhio ci sono stati miglioramenti e anche l’apertura di nuovi interessi. Tanto che i giornali hanno titolato pomposamente di aver scoperto una nuova forma di “digital detox”, ovvero di disintossicazione dal digitale.
Lasciando da parte il fatto che ai ragazzini piace variare, quindi ogni alternativa interessante potrebbe diventare un “digital detox”, se solo qualcuno si prendesse la briga di offrirla, va segnalato che il gioco degli scacchi inteso come formula di sviluppo di logica e capacità matematiche nel Lodigiano è stato adottato da moltissimi anni. Corsi nelle scuole, lezioni, tornei. A partire dalla Bassa e poi in giro per la provincia. Come testimoniano articoli e notizie pubblicati ripetutamente sul Cittadino, che spiegano vantaggi e benefici di questa disciplina. Un punto a favore del nostro territorio, ma anche uno a favore del governo italiano, visto che nel 2015 il Ministero ha diffuso un progetto pubblico-privato per far entrare gradualmente nelle aule la disciplina. Il progetto “Scacchi a scuola” prevedeva che ogni studente minorenne potesse collegarsi a una piattaforma online e iniziare a sfidare compagni di banco o sconosciuti coetanei lontani. Un modo perché i ragazzi si lanciassero il guanto di sfida e poi si mettessero in gara nel pomeriggio, una volta a casa, usando anche i computer che tanto amano. Da lì in poi il programma si è evoluto, arrivando anche alle primarie, con la convinzione fondamentale che gli scacchi aprono la mente e consolidano il carattere, consentono di prevedere un risultato in un tempo definito e insegnano a riconoscere la sconfitta, senza ignorare il dettaglio che, secondo le ricerche, migliorano pure il rendimento soprattutto in matematica. Esattamente i benefici che adesso si magnificano al di là della Manica. A dimostrazione del fatto che, stavolta, ad essere in ritardo, non siamo noi italiani ma il popolo del Regno Unito. Che fino a qualche tempo fa, forse, quando venivano nominati gli scacchi pensava a Braveheart e agli altopiani scozzesi, con i suoi feroci guerrieri in gonnella. Il kilt, indumento tradizionale che si declina in molti colori, ma ha una base irrinunciabile “a scacchi”.
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