L’amore per Lodi era un fuoco a cui Bisleri ha saputo dar voce

Il ricordo di Aldo Papagni

Non è facile dire addio a un uomo così. Perché, per quanto ci si sforzi, si fatica a credere che quell’energia, apparentemente inesauribile, che ha messo in tutte le cose della sua esistenza possa essersi infine spenta, in un ultimo soffio di vita.

Gigi Bisleri se n’è andato la mattina di un giorno di festa, una domenica come le tante che ha vissuto su un campo di calcio come sul palco del “suo” Palio. Voglio pensare che se ne sia andato con un certo dispetto, perché di sicuro aveva ancora molto da fare, da dire, da inventare. Non gli piaceva lasciare le cose a metà, le sue idee le portava avanti fino all’estrema ratio, senza lasciarsi. distrarre dalle critiche e dalle opposizioni, dall’invidia e dalla piaggeria. Non piaceva a tutti Gigi, perché aveva l’inconsueta abitudine di dire sempre quel che pensava, la capacità di non chinare mai la testa se riteneva di essere dalla parte giusta della barricata. Era a suo modo autoritario, anche spigoloso in alcuni tratti, ma bisognava conoscerlo bene, lavorare con lui, per apprezzarne l’entusiasmo, la carica umana, la capacità di pensiero. Che si poteva condividere o meno, ma che ti induceva sempre a comprenderlo e a rispettarlo.

E poi aveva una straordinaria attitudine alla persuasione. Se Gigi ti chiedeva di fare qualcosa, era impossibile dirgli di no. Ti catturava con la sua inesausta vitalità. È così che ha costruito il Palio di Lodi, nato da una geniale intuizione che solo uno come lui poteva avere: far correre i fantini su cavalli di legno. E non una volta e poi basta, ma per oltre un quarto di secolo.

Era orgoglioso, Gigi, delle sue creature. Della Wasken Boys innanzitutto, della quale ha fatto una presenza costante nelle dinamiche sportive e culturali della città. Negli ultimi anni ha spesso ripetuto di volersi dimettere dalla presidenza, ma quel cordone ombelicale resisteva da quasi sessant’anni e non è mai riuscito a spezzarlo davvero. Ad ogni occasione c’era sempre un motivo per rinviare quella decisione che probabilmente non ha mai pensato davvero di prendere.

La verità è che Gigi aveva dentro il fuoco di un amore, quello per la sua città, a cui ha saputo dar voce in ogni possibile modo, dallo sport alla politica, dalla cultura al folclore. Gigi amava Lodi, che avrebbe forse voluto migliore e che ha provato ad aiutare a crescere. Ne ha fatto una “città di pace”, lo slogan cui teneva più che a ogni altro e che rappresenta un po’ la sua eredità morale.

Lodi perde una voce unica e irripetibile, un figlio del popolo che ha sempre avuto il coraggio di esporsi per la comunità che condivideva. Certo, con tutti i “se” e i “ma” che accompagnano nella sua complessità la vita di un uomo e che per questo deve essere ancor più riconosciuta per il suo valore.

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