L’EDITORIALE La coperta corta dei medici di famiglia nel Lodigiano e nel Sudmilano

Il punto del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Archiviata la piccola emergenza dei medici di famiglia a Lodi, che ha portato la Asst a istituire temporaneamente un ambulatorio per la continuità assistenziale in ospedale - non era mai successo ma è probabile che in futuro ci si debba abituare - gli ultimi giorni hanno riproposto il problema nell’area del Sudmilano. A Paullo le opposizioni hanno chiesto la convocazione urgente in municipio della conferenza dei capigruppo alla presenza della direttrice del distretto, Maddalena Minoja, non appena è arrivata la notizia della chiusura dal 13 al 20 agosto dell’ambulatorio temporaneo istituito in città per dare assistenza a circa 2500 cittadini che erano seguiti in precedenza da due medici, uno andato in pensione e l’altro trasferitosi in altra località. Fino a venerdì 23 agosto invece, sempre a causa di assenza di medici in paese, i pazienti di Carpiano dovranno recarsi a Melegnano per essere visitati dal medico di famiglia, che li riceverà nella casa di comunità. In questo caso l’amministrazione comunale ha messo a disposizione un servizio di accompagnamento per le fasce deboli. Buona idea.

Quanto accaduto a Paullo e Carpiano merita attenzione per almeno tre ragioni. La prima è che si tratta di criticità che sono destinate a ripresentarsi con il passare del tempo, anche nel vicino Lodigiano, semplicemente perché la “coperta è corta”, cioè mancano i medici.

Ne discende - e questa è la seconda ragione - che se non cambierà nulla, uno degli effetti sarà l’affollamento ulteriore dei Pronto soccorso di Lodi e di Vizzolo Predabissi, che già registrano numeri significativi di affluenza. Pur elogiando il lavoro dei medici dei Ps, che sono un riferimento insostituibile per la sanità del Lodigiano e del Sudmilano, e che giornalmente salvano vite, i tempi di attesa sono talvolta obiettivamente lunghi, specie per i codici minori, come testimoniano anche le segnalazioni che arrivano al nostro giornale. Si dirà che una parte dell’utenza non dovrebbe nemmeno andare in Pronto soccorso, perché non si tratta di emergenze, ma se non ci sono alternative, se non ci sono medici di base, non si comprende cosa possa fare una famiglia di fronte a una situazione di malessere di uno dei suoi componenti di cui non è in grado di valutare la gravità.

La carenza dei medici di base merita attenzione anche per una terza ragione. Come ha osservato pochi giorni fa Massimo Gatti, già sindaco di Paullo, la soluzione di accentrare nelle Case di comunità delle città principali il servizio medico non sempre è ottimale. L’attuale consigliere di opposizione ha infatti segnalato che un conto è spostarsi a Milano da un quartiere all’altro (chi non ha l’auto o non ha parenti e amici disponibili può prendere un taxi, la metropolitana, il tram) un conto è dover raggiungere Melegnano da uno dei paesi del circondario dovendosi affidare unicamente agli autobus di linea. Mettiamoci nei panni di un anziano in difficoltà...

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Chiudo riportando lo stralcio di una lettera che mi ha inviato pochi giorni fa una lettrice lodigiana.

«Caro direttore, sono ormai 4 mesi che soffro di un dolore al piede, ho eseguito esami strumentali e si è scoperto essere una fascite plantare. Prima della diagnosi il medico curante mi ha prescritto prima una lastra e poi in seguito una risonanza magnetica e visita ortopedica, il tutto si è concluso con la prescrizione da parte dell’ortopedico di un ciclo di onde d’urto. Dopo varie telefonate agli organi competenti mi è stato chiaro che a Codogno, Casalpusterlengo e Lodi questo servizio non è disponibile ma lo è solo nel plesso di Sant’Angelo. Le prenotazioni vengono fatte solo di persona per cui sono stata costretta a recarmi a Sant’Angelo. Una volta arrivata, hanno fotocopiato le visite e mi hanno detto che l’unico addetto alle onde d’urto era in ferie. Mi hanno consigliato di andare privatamente, “anche se è brutto da dirsi”, perché il mio dolore si sarebbe risolto spontaneamente vista la lunga lista e relativi tempi di attesa, più di 100 pazienti prima di me con più di 6 mesi d’attesa».

Affidiamo anche questa segnalazione al nuovo direttore generale dell’Asst della provincia di Lodi che, gli va dato atto, ha trovato una situazione non semplice e sta lavorando sodo, dialogando con il territorio, aspetto non trascurabile e di cui i sindaci sono molto soddisfatti.

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