L'EDITORIALE - Svestiamo dalle ideologie la riforma della cittadinanza

Il punto del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

L’apertura di Forza Italia allo Ius scholae, che permette di acquisire la cittadinanza al termine della frequenza di uno o più cicli scolastici, è una buona notizia per due ragioni.

La prima è che rappresenta uno spiraglio all’interno del centrodestra di governo, che dunque non è granitico nella contrarietà a una riforma della cittadinanza - qualsiasi veste le si voglia dare - oggi più che mai necessaria a fronte di cambiamenti nella nostra società.

La seconda ragione è che strappa al centrosinistra l’esclusività della battaglia politica su questo argomento, evitando dunque che le forze di opposizione possano farne una bandiera. Sterilizzare il dibattito sulla riforma della cittadinanza dalle ideologie può essere solo salutare per cercare punti di intesa in tutto l’arco costituzionale.

Per il bene del Paese dobbiamo evitare che il confronto sullo Ius scholae resti confinato al confronto agostano sui giornali.

La speranza al contrario è che diventi uno dei grandi temi da affrontare con pacatezza e senza estremismi, arrivando a una soluzione negoziata tra i partiti, senza imposizioni o diktat.

Solo con la ragionevolezza possiamo dotarci di una nuova legge sulla cittadinanza, che permetta di gestire al meglio i grandi cambiamenti che si sono già riscontrati nel Paese e che in futuro diventeranno sempre più la normalità. Una risposta la dobbiamo a tutti quei bambini nati in Italia da genitori stranieri e che siedono sui banchi di scuola, frequentano i nostri oratori, praticano sport.

Chiudere gli occhi di fronte alla realtà è inopportuno.

Tuttavia, sarebbe pericoloso proseguire a colpi di “maggioranze” trasversali o referendum su un tema così delicato, che per il suo significato intrinseco (la cittadinanza sta alla base del vivere civile di ogni stato) acquisisce il valore di una riforma costituzionale.

Dialogare senza il paraocchi delle ideologie e studiare un modello adatto all’Italia senza dover necessariamente copiare altri stati: è questa la strada maestra per arrivare a una soluzione il più possibile condivisa, in grado di governare efficacemente il fenomeno senza essere avvertita da una parte importante del Paese come una mera imposizione.

La riforma della cittadinanza secondo il modello dello Ius scholae è un atto epocale, non può essere una prova di forza e, anzi, va studiata considerando anche le legittime “obiezioni” di quanti oggi sono fortemente avversi. Sarebbe controproducente infatti non considerare le paure o bollarle come irrazionali, non servirebbe a far cambiare idea a quanti - non pochi in Parlamento - le evidenziano.

Ma vediamo, in conclusione, di che numeri stiamo parlando. Secondo il Ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2022/2023 in Italia gli studenti nati da genitori stranieri erano quasi un milione: 914.860 per l’esattezza. Uno su quattro frequenta le scuole in Lombardia.

La principale nazionalità rappresentata è quella romena (148.826, pari al 16,3 per cento); seguono alunni albanesi (118.754, 13 per cento), marocchini (114.097, 12,5 per cento), cinesi (48.225, 5,3 per cento) e ucraini (43.357, 4,7 per cento).

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