
Editoriali / Lodi
Giovedì 24 Aprile 2025
L’immenso testamento pastorale e spirituale, una «Chiesa in uscita» dal volto umano
PAPA FRANCESCO «Spetta a noi portare avanti il suo dinamismo»
In questi giorni, si stanno consumando litri e litri di inchiostro per ricordare e onorare la memoria di Papa Francesco, il primo papa venuto dalla “fine del mondo,” come lui stesso dichiarò all’inizio del suo pontificato. La figura straordinaria di Bergoglio ha rappresentato un unicum nella storia recente della cristianità, difficile da racchiudere in stereotipi o cliché preconfezionati. La sua esuberanza e imprevedibilità hanno spezzato molti luoghi comuni e l’hanno portato a esplorare territori finora inesplorati nella vasta galassia cattolica. Servirà del tempo per raccogliere il suo immenso testamento pastorale e spirituale; forse solo gli storici, tra qualche decennio, sapranno restituirci con fedeltà la ricchezza della sua figura e la grandezza della sua statura. Vorrei, con semplicità e un po’ di audacia, individuare alcuni elementi che, a mio avviso, rappresentano punti di non ritorno per la Chiesa cattolica. Sono consapevolezze che la comunità ecclesiale, grazie alla testimonianza di Francesco, ha maturato e che resteranno come un bagaglio condiviso, forse anche indipendentemente dalle scelte che il prossimo pontefice potrà compiere. Certamente, il prossimo Papa potrà incoraggiare o rallentare queste comprensioni, ma esse, mi auguro, ci appartengono come popolo di Dio che cammina nella storia.
Il primo dono del papato di Francesco è una profonda simpatia per l’umano, un interesse, o meglio, una passione per ciò che è autenticamente umano, anche se imperfetto, incoerente, povero e infedele. Francesco ci ha educato a una Chiesa che accompagna gli uomini, che è un ospedale da campo per chi inciampa e si ferisce; una Chiesa estroversa e sbilanciata, o come lui amava definirla, una “Chiesa in uscita.” Una Chiesa che predilige la misericordia rispetto alla dottrina, che è cauta nel giudicare, accogliente e comprensiva, curiosa di tutto ciò che accade intorno. Una Chiesa che pone domande anziché offrire semplici ricette, condividendo il travaglio della ricerca, che si percepisce come compagna di viaggio.
Il secondo punto di non ritorno è la predilezione per i poveri e gli ultimi. Francesco ha fortemente voluto una Chiesa povera tra i poveri, innamorata di coloro che vivono nelle periferie esistenziali e geografiche del nostro mondo, gli “scarti,” come li definiva lui, gli ultimi, i reietti. I suoi gesti, i suoi comportamenti e le sue scelte personali hanno testimoniato questa radicale preferenza. Il primo viaggio apostolico a Lampedusa ha segnato la rotta del pontificato, indicando chiaramente le vere priorità della sua agenda. Migranti, esclusi, fragili, malati, carcerati e disabili sono stati la vera stella polare del suo pontificato, che ha aiutato la comunità ecclesiale a rifocalizzarsi sui principali destinatari del suo annuncio e della sua cura.
Terzo punto: il ruolo della donna. Francesco ha accolto la sfida, inaugurata da Papa Giovanni, di riconoscere e onorare il ruolo sociale e politico delle donne a partire dal secolo scorso. Se, ad esempio, oggi ci sono donne ai vertici dell’organizzazione vaticana, è grazie al coraggio di Francesco.
Infine, anche se l’elenco potrebbe essere più lungo, il valore del camminare insieme, del decidere insieme, dell’indicare insieme la direzione: il senso della sinodalità. Francesco ha avviato processi, ha liberato le energie, ha rimosso ostacoli che impedivano la creatività, la partecipazione e la corresponsabilità. Penso che le decisioni prese recentemente dall’assemblea sinodale italiana sarebbero state inimmaginabili anni fa, senza il coraggio di Francesco di aprire nuove strade. Francesco ci ha educato alla parresia, al confronto aperto e sincero, al dialogo e a gestire le divergenze, soprassedendo quando necessario e forzando le situazioni quando opportuno.
In questi dodici anni di pontificato, ha attivato processi, molti dei quali non sono ancora giunti a una conclusione definitiva. Tuttavia, ha saputo liberare energie, promuovere cambiamenti, avviare percorsi creativi ed evangelici. Tutto questo rimarrà come patrimonio della comunità ecclesiale. Spetterà a noi dare forma e stabilità al dinamismo che Francesco ha saputo introdurre nel corpo ecclesiale.
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