Peschiera e Paullo: il centrosinistra vittorioso, ma il centrodestra ha giocato male le partite

Il commento di Marco Ostoni

Con il ballottaggio di domenica e lunedì scorsi a Peschiera Borromeo si è definitivamente chiusa la tornata elettorale delle amministrative anche nel Sudmilano. Già abbiamo avuto modo di tracciare un primo bilancio politico da queste colonne dopo il turno dell’8/9 giugno, sottolineando il tema della continuità quale filo rosso tra i risultati dei diversi comuni chiamati alle urne. Il caso di Peschiera, in tale contesto, si distingue avendo qui vinto, con Andrea Coden, la compagine di centrosinistra rimasta all’opposizione negli ultimi anni. Ma sull’esito della contesa hanno pesato non poco due questioni peraltro legate l’un l’altra: l’anticipo della tornata dovuta alla tragica e improvvisa scomparsa, nel maggio 2023, del sindaco Augusto Moretti (centrodestra) dopo nemmeno due anni di governo, e l’altissimo tasso di astensionismo registratosi soprattutto al ballottaggio, un segno - questo - anche di una certa stanchezza dell’elettorato, chiamato a più riprese al voto.

Quel misero 37% scarso di elettori che hanno deciso di recarsi ai seggi è un numero che, al netto di quanto appena detto circa l’eccezionalità della situazione peschierese, non può non far riflettere. Di fatto il nuovo primo cittadino è stato eletto con soli 3970 voti (circa 800 in più del rivale Mario Orfei) in una città che conta oltre 24mila abitanti. Si tratta di un segno di disaffezione e di sfiducia nei confronti della politica che in una realtà comunale suona ancora più forte come grido d’allarme. Gli elettori, in particolare, sono stanchi delle guerre intestine fra i partiti e delle faide personali; non le capiscono e, alla fine, puniscono i contendenti. D’altra parte, per chi non era addentro alla vita politica cittadina, come comprendere il fatto che gli alleati del centrodestra (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) non solo si siano divisi al primo turno (i primi due alleati e il terzo a sé), ma non abbiano nemmeno tentato di ricompattarsi al ballottaggio, lasciando così la vittoria al rivale di centrosinistra, pur potendo contare su un potenziale bacino elettorale ben più ampio? Si assiste così al paradosso che il primo partito in città (FdI) - almeno nel voto alle Europee - sia stato punito a livello di territorio e dunque fortemente sottorappresentato in consiglio con due sole pedine, compreso il candidato sindaco, su sedici consiglieri mentre il secondo in Ue (Il Pd) di pedine ne conti ben sei, sfruttando lo scarto che per legge è previsto fra i gruppi di maggioranza e opposizione. Qualcosa di simile è accaduto anche nella vicina Paullo, nel qual caso entrambe le aree politiche maggioritarie del Paese si presentavano frammentate; ma anche qui - dove per ragioni di peso demografico del comune non era previsto ballottaggio - a pagare il prezzo più alto delle divisioni è stato il centrodestra, con la Lega spaccata e divisa su due liste, giunto addirittura terzo nella contesa.

Il messaggio lanciato dagli elettori, insomma, è chiaro e gli organismi provinciali e regionali dei partiti maggiori dovranno lavorare per evitare il ripetersi di faide e conflitti, collaborando con le forze locali affinché le difficoltà, ove presenti, siano sanate e non imponendo dall’alto candidature e scelte, come è avvenuto, convinti di sfruttare il “vento” di altre elezioni. I cittadini non si fanno ingannare e sanno distinguere fra i diversi livelli, punendo chi sbaglia con le armi in loro possesso: il voto e l’astensione.

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