PLANISFERO Le richieste, ad oggi insoddisfabili, di Ucraina e Russia per arrivare alla pace

L’editoriale di Massimo Ramaioli

Dopo 28 mesi di guerra, sembra che Russia e Ucraina stiano considerando trattative per un cessate il fuoco. Non si parla certo di trattato di pace: ci sono possibilità per cui esso non venga mai firmato, come accadde tra le due Coree dopo la fine delle ostilità nel 1953. Ma è un’indicazione del fatto che, per motivi diversi, sia Mosca che Kiev ritengono che la via militare non sia più percorribile nel medio-lungo periodo.

Le parti rimangono, beninteso, quanto mai distanti. Da una parte, Kiev ha redatto un documento in una conferenza tenuta in Svizzera dove si ponevano alcune questioni chiave: la messa in sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhya; la libertà di commercio (specie per l’export di derrate agricole) nel bacino del Mar Nero e del Mare di Azov; il rimpatrio di circa 20.000 bambini ucraini che Mosca ha rapito dall’inizio del conflitto. Dei novanta paesi presenti al summit, la stragrande maggioranza (inclusi i paesi del G7) ha sottoscritto; ma come spesso accade, chi non ha firmato il documento ha fatto più notizia: India, Sudafrica, Brasile, Emirati Arabi, Arabia Saudita. Inoltre, la Cina non ha partecipato; la Russia non è stata invitata.

Russia che ha prontamente rifiutato tale documento e dichiarato il summit come una distrazione. Ha poi risposto con le seguenti condizioni per sedersi al tavolo negoziale: ritiro delle truppe ucraine dagli oblast di Kherson, Zaporizhzhya, Donetsk and Luhansk; riconoscimento internazionale della sovranità russa su tali territori più la Crimea; inammissibilità dell’Ucraina alla NATO, e una sua fondamentale neutralità.

Rileviamo che la Russia non controlla militarmente nella loro interezza nessuno di quegli oblast, ad eccezione della Crimea. Sta quindi, come si fa ad inizio di ogni trattativa, chiedendo il massimo possibile per poter poi negoziare anche al ribasso.

Ma cosa vogliono esattamente i due contendenti? Ed è possibile che lo ottengano? Zelenskyy ha sempre dichiarato come l’Ucraina debba tornare ai confini del 1991: quindi riprendendo anche la Crimea oltre agli altri quattro oblast. Inoltre, accesso sia all’Unione Europea e poi alla NATO. Infine, riparazioni di guerra russe. Per quanto riguarda il primo punto, è altamente improbabile che Kiev riesca a recuperare, in fase negoziale, parti significative di quanto ha finora perso (quasi il 20% del territorio nazionale). Ciò potrebbe avvenire solo in seguito ad una decisa vittoria militare che cambi i rapporti di forza sul terreno. Dal settembre 2022, l’Ucraina è stata costantemente sulla difensiva. È vero, peraltro, che ci sono novità importanti in quel senso. Lo sblocco degli aiuti americani; la concessione da parte degli alleati occidentali di colpire anche il territorio russo da dove provengono gli attacchi; e la consegna prossima di jet da combattimento F-16 potrebbero rappresentare novità importanti in chiave militare. Rimane il fatto che l’Ucraina è allo stremo specie per quanto riguarda il personale militare: non ci sono truppe fresche e preparate da mandare al fronte per rimpiazzare chi lotta ormai da oltre due anni.

Individuare gli obiettivi del Cremlino, a parte quanto ha dichiarato Putin (per la prima volta dall’inizio della guerra esplicitando chiari obiettivi politico-militari), è più complesso. Questo perché le ragioni stesse per cui Mosca ha iniziato la guerra sono tuttora oggetto di acceso dibattito. Sta di fatto che un obiettivo che sembra imprescindibile per Mosca – l’Ucraina come stato neutrale – è dichiarato irricevibile da Kiev: come credere che senza l’ombrello NATO (o una garanzia equivalente) la Russia non attacchi ancora in futuro? E ancora: c’è chi sostiene come l’Ucraina sia solo il primo paese in una lista di stati che la Russia vorrebbe soggiogare. Difficile credere che Mosca abbia l’intenzione, men che meno la capacità, di farlo. Ma paesi dell’Est Europa (primi tra tutti i Baltici e la Polonia) certo non vogliono correre rischi in tal senso.

Se Putin ha fatto richieste tanto esose, è perché comunque la Russia si trova in una posizione di forza sul campo. Nel breve periodo, è dunque più probabile che Putin ottenga molto di ciò che vuole. Diversa è la questione nel medio-lungo periodo. Proprio un successo secondo le linee delineate da Mosca comporterebbe una cesura netta con il mondo occidentale, con relativa privazione di tecnologia e capitali di cui storicamente la Russia è deficiente. La fuga di cervelli, iniziata con la guerra, continuerebbe, privando di ulteriore capitale umano la Federazione Russia, che ha paradossalmente invece già ottenuto l’ingresso nella NATO di due paesi prima neutrali come Finlandia e Svezia. Non basta. L’abbraccio cinese relega già ora Mosca allo status di socio di minoranza; per di più con un paese pure con chiare mire imperiali, con il quale vi sono dispute territoriali rispetto a territori in Siberia.

La tattica russa potrebbe dimostrarsi vincente nelle trattative con l’Ucraina. Ma è probabile che divenga in prospettiva una sconfitta strategica per la Russia stessa.

* Massimo Ramaioli si è laureato all’Università di Pavia in Scienze Politiche e ha poi proseguito gli studi con esperienze negli Stati Uniti, in Africa e in Medioriente. Insegna presso la Al-Akhawayn University di Ifrane, Marocco.

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