Riforma Cartabia, il “bavaglio” danneggia la democrazia

La riflessione del direttore del “Cittadino” Lorenzo Rinaldi sul diritto all’informazione

Ventuno (21) righe che riassumono tre anni d’indagine sulla tragedia che più ha sconvolto il nostro Paese dal Dopoguerra. Ventuno righe su un’indagine che dovrebbe far luce su responsabilità civili e penali. Ventuno righe destinate agli organi di informazione ai sensi del dettame normativo della riforma Cartabia”. Cari lettori, se nelle scorse settimane avete appreso i contenuti dell’inchiesta della procura di Bergamo sulla pandemia - ne abbiamo scritto diffusamente anche noi - è perché i giornalisti hanno fatto il loro lavoro, si sono presi la briga di andare oltre “le 21 righe diffuse dalla procura di Bergamo” come denuncia il “Press Report 2023” sul diritto di cronaca distribuito ieri dal Gruppo Cronisti Lombardi.

Il caso dell’inchiesta Covid è quello più eclatante, ma nel “Press Report 2023” ci sono numerosi altri esempi di come la riforma Cartabia abbia ridotto lo spazio dell’informazione nell’ambito della cronaca nera e della cronaca giudiziaria, rendendo molto più difficile il lavoro dei giornalisti e al tempo stesso - ci sia concesso - riducendola libertà di stampa e dunque il diritto dei cittadini a essere informati tempestivamente.

Due esempi. “La polizia di Monza ha indagato sulla morte di una 18enne deceduta dopo aver trascorso una serata a casa di amici (...) La notizia è emersa con cinque (5!) giorni di ritardo”. “A Milano la notizia di un omicidio accaduto alla sera è stata comunicata solo a distanza di 12 ore dai fatti”.

“Il 2022 - spiega Fabrizio Cassinelli, giornalista dell’Ansa e presidente del Gruppo Cronisti Lombardi - per quanto riguarda l’informazione nazionale e locale resterà negli annali giornalistici come l’annus horribilis della riforma Cartabia. Noi cronisti non possiamo non segnalare i gravi danni e i pericoli crescenti per la libertà di stampa che comporta la parte della riforma riguardante la comunicazione istituzionale delle procure e le nuove restrittive regole per l’informazione giudiziaria e investigativa”.

Il punto centrale, come annota Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti “è che le disposizioni della riforma Cartabia hanno pesantemente condizionato l’accesso dei giornalisti alle informazioni in campo giudiziario: notizie su indagini e indagati restano così nella totale discrezionalità delle procure, con i magistrati a decidere da soli dove porre i confini della presunzione d’innocenza”.

E se le parole degli organi di rappresentanza dei cronisti possono apparire forse un po’ troppo dure, affidiamoci allora al buon senso del direttore del «Corriere della Sera», Luciano Fontana, che denuncia: “È importante che sia offerta ai giornalisti la possibilità di informare correttamente l’opinione pubblica sulle inchieste in corso: non è in discussione la presunzione d’innocenza e anzi, ci sono stati troppo spesso abusi. Ma non è possibile che inchieste molto importanti vengano liquidate dalle procure con comunicati ufficiali di poche righe, senza fornire nessun elemento. E come sappiamo bene dove non c’è chiarezza proliferano le voci incontrollate. Nascondersi dietro la riforma Cartabia rischia di danneggiare chi ha il dovere di informare, chi ha il diritto di essere informato e paradossalmente le garanzie di tutti i soggetti coinvolti”.

Per questo tutti i giornali e i giornalisti lombardi si stanno mobilitando per spiegare all’opinione pubblica quel che sta succedendo dal 2022. Al «Cittadino» siamo abituati a lavorare con serietà e umiltà, senza proclami, e lo abbiamo fatto anche in tutti questi mesi, cercando di andare oltre i paletti imposti dalla riforma Cartabia. Ma adesso non possiamo più tacere. Dobbiamo denunciare, per evitare che una evidente stortura diventi la normalità.

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