Risuoni lo yobel e risplenda la stella: la speranza non ci abbandonerà

Santo Natale Il messaggio del vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti

Avevano forse sentito dire o addirittura letto su antichi papiri dello yobel, i sapienti raffigurati nella graziosa icona che accompagna gli auguri natalizi del Giubileo. Dal corno di capro si ricavava lo yobel, che al forte e deciso soffio umano dava un suono essenziale quanto imponente a segnalare il compimento di sette settimane di anni, con l’invito al riposo per la terra e le creature, uomini e donne compresi, a ricomporre giustizia e pace destinando nuovamente i beni a tutti. Ad affascinare i sapienti era ancor più una stella, intenti com’erano nello scrutare dalla terra i cieli. Partirono. Non appartenevano al popolo che si considerava eletto. Erano semplicemente uomini di coscienza. Uomini in ricerca. Erano pellegrini tenaci come la speranza, che li precedeva: affrontarono la fatica del cammino senza temere i giorni e le notti nella loro imprevedibilità. Non disdegnarono di chiedere conto della via, ancor più apprezzando le indicazioni dei messaggeri di Dio e di quella promettente stella.

Risuoni fortemente anche oggi lo yobel, col Giubileo che ne ha preso il nome, e risplenda felice la stella a dire bene della inquietudine umana, che muove i nostri passi, insegnandoci a sostare solo per riprendere la via verso il Volto appagante, che ci attende nella meta definitiva

Veri sapienti sono coloro che non si sentono mai arrivati. E percepiscono la chiamata ad andare più lontano pur non volendo essere apprendisti di scontentezza. L’inquietudine che ci connota riferisce di un’appartenenza che il tempo e i luoghi, le persone e ogni traguardo pur apprezzabile non sono in grado di garantire. A chiamare, in realtà, è l’Eterno, che i cristiani – e a Natale lo vorrebbero di nuovo annunciare – considerano l’Origine e il Compimento, il Primo e l’Ultimo, il Vivente, che si è fatto uno di noi, rimanendo Dio. Lo attesta il Vangelo.

Risuoni fortemente anche oggi lo yobel, col Giubileo che ne ha preso il nome, e risplenda felice la stella a dire bene della inquietudine umana, che muove i nostri passi, insegnandoci a sostare solo per riprendere la via verso il Volto appagante, che ci attende nella meta definitiva. Risuoni l’uno e risplenda l’altra a dire bene della speranza, che ci rincuora mai abbandonandoci. La speranza sa tutto ciò che sarà: non andremo mai perduti avventurandoci con essa sulle vie dello Spirito. È la speranza a riportarci all’unità e alla pace dalle quali veniamo e alle quali proprio non possiamo rinunciare.

A Natale siamo pronti a ribadire il no ad ogni solitudine, proponendo la più sicura accoglienza e l’integrazione doverosa per chi arriva da lontano in cerca di dignità. Betlemme risveglia tutto questo, complici lo yobel e la stella, dimenticando che il Figlio dell’Uomo vi trovò un umile alloggio solo dopo tante peripezie

La porta santa che papa Francesco aprirà in san Pietro stanotte consentirà alla voce e alla luce del “Dio vicino” di venire ad abitare tra noi a riaccendere proprio la speranza e a darle voce. In noi, prima di tutto, per contestare ciò che avvertiamo non essere pienamente umano. La Betlemme ingrata che non apre le porte a Colui che in realtà è la dimora indistruttibile dell’umanità, si affaccia con nascosta codardia nelle nostre chiusure personali e sociali. Così, a Natale ci dibattiamo con maggior convinzione unendoci con gli uomini e le donne di buona volontà affinché vi sia casa e lavoro per tutti, salute scuola cultura per tutti, sport per tutti, opportunità formative e poi adeguato avvio nel mondo professionale e sociale per le nuove generazioni. Senza distinzioni. Senza discriminazioni. Ma forse ci fermiamo più all’auspicio che alla concreta azione. Quanto alle giovani famiglie, con la poesia natalizia si alleano persino talune provvidenziali iniziative istituzionali, che si spera non siano smentite subito dopo le feste. A Natale siamo pronti a ribadire il no ad ogni solitudine, proponendo la più sicura accoglienza e l’integrazione doverosa per chi arriva da lontano in cerca di dignità. Betlemme risveglia tutto questo, complici lo yobel e la stella, dimenticando che il Figlio dell’Uomo vi trovò un umile alloggio solo dopo tante peripezie.

Ha ben altro da dirci la porta giubilare. Ci spinge a prendere atto della pesante realtà di un mondo intero sull’orlo della sconfitta: nel “vicino Oriente” benché visitato per primo dal “Dio vicino”; alle porte d’Europa col dramma persistente tra popoli fratelli avvolti in un’interminabile inimicizia. Possiamo risparmiarci il giro del mondo per trovare molto altro in lacrime e sangue a pregiudicare presente e futuro in beni e ancor più in quella comune speranza rappresentata dai giovani e dalle giovani consegnati alla follia della disperazione. Quella porta annuncia che il solo a piegare l’orgoglio del male è l’indifeso Bambino che dal Natale avrebbe camminato fino all’immolazione della Pasqua. Vera porta di misericordia e indulgenza è il suo cuore trafitto sulla Croce. Lo yobel e la stella sono voce e luce della rinascita sempre possibile in Colui che si è fatto uno di noi, rimanendo Dio. “Una cosa sola ti manca” - dice il vangelo - “va, vendi, dà ai poveri, vieni e seguimi” (Mc 10,21ss). Varcare la soglia del Giubileo impone scelte non più rinviabili. Decisioni che mettano le ali all’esistenza. La sosta di questo anno vuole recare libertà ai prigionieri, tutti, anche quelli che sono in balia di personali ritardi in procinto di diventare fatali e debolezze che possono essere senz’altro rimosse per non rischiare di guadagnare il mondo perdendo sé stessi. I bambini ci educano al Natale. A quelli nati quest’anno, i cui nomi ho letto sugli ornamenti natalizi nella maternità dell’Ospedale Maggiore di Lodi e a quanti stanno arrivando, ben custoditi sotto il cuore della propria madre, promettiamo di pensare alla sola cosa che ci manca perché l’umanità abbia porte sempre spalancate.

Consideratevi nella preghiera della notte di Natale, cari lodigiani e lodigiane, proprio tutti. Siatene certi. Venite però a condividerla, se vi è possibile. La cattedrale potrà abbracciarvi insieme all’universale famiglia ecclesiale anche domenica 29 dicembre con l’avvio del giubileo in diocesi. Misericordia e indulgenza faranno la loro parte: a chi apre l’esistenza regaleranno la divina umanità, che risuona e risplende nel Bambino di Betlemme.

© RIPRODUZIONE RISERVATA