Scuola, l’utilizzo corretto e consapevole di smartphone è un nodo da sciogliere

BILANCIO DI FINE ANNO «Il tema mostra la fragilità di una comunità che quando non riesce ad educare immagina di risolvere la situazione con divieti che spesso si traducono in inefficaci proclami»

Lodi

Al suono finale della campanella mancano poche ore (in alcuni casi, complice l’organizzazione dei seggi per i referendum è già suonata giovedì). A breve lo sentiremo riecheggiare nei corridoi delle scuole e dalle aule vedremo sciamare in fretta e furia il popolo degli studenti diretto, tra gavettoni e goliardate finali, verso altri lidi…

Qualcuno di loro magari si porterà nel cuore un pizzico di malinconia o di nostalgia, qualcun altro la preoccupazione di dover trascorrere parte dell’estate sui libri per recuperare uno o più debiti, altri ancora l’amara delusione di un anno fallimentare e ormai non più recuperabile.

Oltre il traguardo della campanella, per circa un milione di studenti di scuola secondaria di primo e secondo grado, ecco poi gli esami di Stato pronti ai nastri di partenza.

Insomma, l’estate è alle porte ma non sarà uguale per tutti.

Giugno è anche tempo di bilanci, non solo di scrutini ed esami. L’anno scolastico 2024-25 ha portato (o ha tentato di portare) diverse novità e cambiamenti.

Il divieto di utilizzo di smartphone in classe, ad esempio, è stato ulteriormente sottolineato con l’applicazione della circolare 5274, firmata dal ministro Valditara l’11 luglio 2024.

In realtà, già nel 1998, lo Statuto delle studentesse e degli studenti e in seguito la circolare ministeriale n. 30 del 2007 avevano affrontato la questione, sottolineando come l’uso del cellulare durante le lezioni rappresentasse un elemento di distrazione e una mancanza di rispetto verso i docenti. La questione, tuttavia, resta aperta e non solo nelle aule scolastiche, a quanto pare. L’utilizzo corretto e consapevole di smartphone e dispositivi è un nodo da sciogliere e mostra la fragilità di una comunità che, quando non riesce a educare, immagina di risolvere la situazione con divieti che spesso si traducono in inefficaci “proclami”.

Il dibattito di inizio anno si è poi concentrato sulla revisione delle linee guida per l’educazione civica, nelle quali il legame tra senso civico e appartenenza alla nazione appariva piuttosto enfatizzato. Anche la riforma dell’orientamento, avviata nel settembre 2023, ha richiesto nuove riflessioni, soprattutto alla luce di molte criticità sostanziali emerse in corso d’opera e che hanno evidenziato la necessità urgente di chiarire le funzioni e le responsabilità dei docenti tutor e orientatori.

Il ministero, inoltre, si è speso molto per promuovere la riforma degli istituti tecnici, ovvero l’introduzione di un percorso “breve” di 4 anni con la possibilità di aggiungere 2 anni presso gli Its Academy (4+2), con focus su materie Stem, lingue e didattica laboratoriale. Anche in questo caso le indicazioni sull’organizzazione delle discipline e dei piani orari hanno lasciato, però, ampi margini di incertezza sulla buona riuscita dell’operazione.

Gli interventi ministeriali hanno riguardato inoltre le questioni disciplinari, con l’attribuzione di un maggiore peso al voto di condotta, ma gli episodi di aggressività e bullismo tra gli studenti, o nei confronti dei docenti, restano numerosi e allarmanti.

Giugno chiude quindi i cancelli degli istituti di istruzione, ma lascia aperte molte sfide. La scuola italiana presenta ancora troppe vulnerabilità, prime tra tutti le disuguaglianze educative e lo svantaggio sociale che segnano drammaticamente alcuni territori del nostro Paese. Poi c’è il capitolo dedicato alle strategie inclusive che faticano a decollare, a volte purtroppo anche per resistenza interna da parte di alcuni docenti.

I numerosi tentativi di innovazione delle metodologie di insegnamento, supportati dai progetti Pnrr e dai fondi europei, nonché gli investimenti nella formazione dei docenti, non sembrano poi essere sufficienti a rinverdire la motivazione degli studenti, spesso apatici e disinteressati alle proposte didattiche.

Qualche giorno fa, nella bacheca di un liceo di Lugo di Romagna, una studentessa ha appeso una lettera accorata e tagliente. Sottolineando la distanza emotiva tra studenti e insegnanti, la giovane ha descritto questi ultimi come disconnessi dal contesto classe e presi dalla frenesia del programma. La diciassettenne ha rivendicato, infine, con forza la necessità da parte degli studenti di essere “visti”, oltre i voti e le verifiche.

La scuola è nel pieno della crisi che investe l’intera società e cerca di attraversarla con mezzi di fortuna, dimostrando di essere anche un po’ vittima di sé stessa, chiusa in posizioni anacronistiche. Sembra aver perso lucidità ed essere incapace di inserirsi efficacemente nel flusso vitale della popolazione a cui si rivolge. Il gioco dei ruoli non funziona più, ma la preparazione e la professionalità sono ancora riconosciute e valorizzate da studenti e famiglie. Portano buoni frutti, se applicate al cambiamento, e sono in grado di dare a esso un volto umano.

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