Uno spettacolo deprimente che ha messo in ombra gli atleti

Dalle rappresentazioni talvolta grottesche al presidente Mattarella lasciato sotto la pioggia

La cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, attesa con grande entusiasmo e concepita per celebrare la grandezza della Francia e l’unità del movimento olimpico, si è trasformata in un caos chiassoso, confusionario e autocelebrativo. Quella che doveva essere una solenne celebrazione della cultura francese ha preso una piega inaspettatamente negativa, divenendo una sfilata di errori banali, accompagnata da ideologismi triti e scontati. Lo spettacolo, talvolta grottesco, ha finito per mettere in ombra i veri protagonisti, gli atleti, che avrebbero dovuto brillare come simbolo di impegno, sacrificio e passione instillando un senso di orgoglio e ispirazione nei cuori di milioni di spettatori. L’immagine del presidente Sergio Mattarella, spettinato e inzuppato d’acqua, è diventata emblematica di una gestione organizzativa fallimentare. È inammissibile, in un contesto di tale importanza, non aver predisposto ombrelli per le personalità presenti, soprattutto considerando che le previsioni meteorologiche erano già note e avrebbero dovuto indurre gli organizzatori a prendere precauzioni adeguate. Tale disattenzione ha messo in luce non solo la mancanza di rispetto nei confronti dei leader presenti ma ha anche contribuito a creare un’immagine poco dignitosa e indecorosa in un contesto che avrebbe richiesto, e meritato, attenzione e cura nei dettagli. In un evento di simile portata, ogni particolare conta e deve essere pianificato minuziosamente; ogni elemento, dal protocollo al comfort degli ospiti, è fondamentale per comunicare un messaggio chiaro e forte al pubblico globale.

In aggiunta, l’imbarazzante scivolone di issare la bandiera olimpica al contrario non può essere ignorato. Questo errore ha provocato sorpresa e perfino ilarità tra gli spettatori, minando il significato di unità e rispetto che il gesto avrebbe dovuto trasmettere. In un contesto carico di simbolismo e di significato storico, tale leggerezza è non solo inaccettabile, ma evidenzia ulteriormente la scarsa preparazione da parte degli organizzatori e l’assenza di comprensione per i valori tradizionali che i Giochi incarnano: trascurarlo è stato un chiaro segnale della superficialità con cui l’evento è stato gestito.

Infine, la controversa decisione di presentare drag queen in quello che a molti è sembrata la riproposizione de “L’ultima Cena” di Leonardo da Vinci (anche se poi gli organizzatori hanno spiegato che il quadro di riferimento era “Dioniso che arriva a tavola”) si inserisce in un tentativo maldestro di forzare il tema dell’inclusività, senza tenere conto della sensibilità religiosa di miliardi di persone. Ci si chiede quale sia stato il messaggio che si intendeva comunicare attraverso un gesto così provocatorio: l’inclusività, per quanto fondamentale, deve sempre andare di pari passo con il rispetto e la comprensione. Offendere sentimenti religiosi profondi in nome di una presunta apertura mentale non solo tradisce i presunti valori espressi nel celebre motto “liberté, égalité, fraternité”, ma minaccia di sminuire lo spirito dei Giochi olimpici, che dovrebbero essere una celebrazione di unità e diversità, piuttosto che un’occasione per generare divisioni e conflitti.

Se l’intento della Francia era quello di dimostrare grandezza e leadership sul palcoscenico mondiale, il risultato è stato invece uno spettacolo deprimente di disorganizzazione e superficialità, lontano dall’eleganza e dalla dignità che ci si attendeva da un evento di tale portata. Quando si lascia prevalere la confusione e la disarmonia, si disperde l’atmosfera di celebrazione e si perde il rispetto non solo per gli atleti, ma anche per i valori di dignità e inclusività che i Giochi rappresentano.

Anche un evento carico di significato, che dovrebbe riflettere il migliore spirito di collaborazione e amicizia tra le nazioni, può rapidamente trasformarsi in un disastro se non è gestito con la dovuta attenzione e rispetto. La “magia olimpica” non può essere ricostruita con facili slogan e gesti provocatori, ma richiede invece un impegno sincero verso i valori di unità e universalità. In un mondo in cui le differenze culturali sono spesso celebrate, come possiamo fare in modo che l’inclusività non diventi una scusa per ignorare i sentimenti e le tradizioni di molti? L’arte e la creatività, tanto vitali per la nostra espressione come individui e comunità, devono sempre essere esercitate con un occhio critico e una mente aperta. Allora, mentre riflettiamo sui fallimenti di questa prima impressione parigina, ci poniamo anche la domanda cruciale: come possiamo, nel futuro, onorare il passato e abbracciare il presente, senza mai sacrificare il rispetto per l’altro nel nome di una modernità superficiale? La vera sfida, in fin dei conti, è trovare un modo per integrare l’innovazione senza compromettere, o peggio, offendere, quel tessuto culturale di cui la nostra società è intessuta.

*Sacerdote, delegato regionale della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) per la Campania

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