Editoriali
Lunedì 27 Novembre 2017
Vivo in un Paese molto amico dei quattro zampe
di Caterina Belloni
Magari mangiucchiano la punta delle scarpe o lasciano peli sul divano, ma i cani sono una gioia. E, oltre che i migliori amici dell’uomo, si possono definire ormai anche come dei salvavita. A sostenerlo è una ricerca appena pubblicata in Svezia, dall’università di Uppsala, secondo la quale avere un cane riduce il rischio di malattie cardiovascolari. Per le persone che vivono sole si arriva al 36 per cento in meno di possibilità di morte, per chi sta in famiglia il dato è pari al 16 per cento. In generale, comunque, questi animali sono un toccasana, come del resto sa chi vede la loro compagnia come una medicina o un aiuto vitale.
Penso ai cani guida per i non vedenti, ma ci sono anche infinite modalità di pet terapy, cioè terapie con cuccioli e animali. Si va da quella per i ragazzini disabili alle cure contro la depressione, fino ai cani addestrati per far compagnia ai bambini diabetici, che sono in grado di accorgersi quando i piccoli hanno un calo di glicemia e di avvisare un adulto in modo che si evitino crisi e malori.
Gli esempi sono tantissimi, specie in Inghilterra, dove dalla Regina in giù, il cane è di fatto parte della famiglia. In alcune scuole britanniche, compresa quella di mia figlia, poi, ci sono cani che aiutano i bambini dislessici ad imparare a leggere. I piccoli leggono al cane, che ovviamente non li prende in giro se sbagliano o balbettano, come invece fanno i coetanei. Così acquistano sicurezza e nel giro di un anno si registrano grandi miglioramenti. In Gran Bretagna, poi, i cani si possono portare in molti uffici e a volte è la società a possederne uno, per far compagnia ai dipendenti e tirarli su di morale, ma anche offrirgli l’occasione di sgranchirsi le gambe tra una pratica e l’altra.
Insomma il Regno Unito è un paese amico dei quattrozampe. Al punto che di recente è stato lanciato un progetto per coloro che, vivendo in un monolocale minuscolo o in una casa condivisa, non possono avere un cucciolo tutto loro. Si chiama “Borrow my doggie”, espressione che potremmo tradurre con Prendi in prestito il mio cane. Perché in effetti così funziona. Qualcuno ha il cane ma non ha tempo di portarlo a spasso e coccolarlo come vorrebbe, dal momento che lavora. Altri, invece, avrebbero il tempo, ma mancano dell’animale. Sul sito www.borrowmydoggie.com le esigenze di entrambi si incontrano: uno segnala il cane da prestare, l’altro si dice disponibile a portare a spasso i cuccioli altrui.
Un sistema a costo zero per padroni e aspiranti padroni, che costruisce a livello locale una specie di comunità di appassionati dei cani e spesso genera anche legami e amicizie. Nel giro di poco tempo in Gran Bretagna gli iscritti a questo progetto, che funziona molto anche via social media, sono già cinquecentomila. In fondo si tratta di un metodo semplice, ma efficace, perché accontenta tutti e giova soprattutto agli animali.
Che al giorno d’oggi sono spesso chiusi in casa per buona parte del tempo e diventano sovrappeso e meno sani. L’idea base è quella di scardinare il detto tradizionale “Chi ha il pane non ha i denti”, cambiando la prima lettera e parlando invece che di michette e sfilatini, di cuccioli in cerca di coccole. E del bene ormai più prezioso: il tempo degli uomini.
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