
«La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa»
LE PAROLE Scritto inedito di Bergoglio nel libro del cardinale Angelo Scola
«La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa. È un nuovo inizio, come evidenzia saggiamente il titolo, perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio “nuovo”, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità».
È quanto scritto da Papa Francesco nella prefazione del libro del cardinale Angelo Scola “Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia”, pubblicato dalla Lev (Libreria Editrice Vaticana). Un testo inedito che esce proprio all’indomani della morte del pontefice: le parole dunque assumono il valore di una sorta di “testamento” di Bergoglio.
«Non dobbiamo aver paura della vecchiaia, non dobbiamo temere di abbracciare il diventare vecchi, perché la vita è la vita ed edulcorare la realtà significa tradire la verità delle cose», scrive il Pontefice. «Perché dire “vecchio” non vuol dire “da buttare”, come talvolta una degradata cultura dello scarto porta a pensare. Dire vecchio, invece, significa dire esperienza, saggezza, sapienza, discernimento, ponderatezza, ascolto, lentezza… Valori di cui abbiamo estremamente bisogno!». «È vero, si diventa vecchi, ma non è questo il problema - osserva Bergoglio -: il problema è come si diventa vecchi. Se si vive questo tempo della vita come una grazia, e non con risentimento; se si accoglie il tempo (anche lungo) in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza, con un senso di gratitudine e di riconoscenza, ebbene, anche la vecchiaia diventa un’età della vita, come ci ha insegnato Romano Guardini, davvero feconda e che può irradiare del bene».
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