Sola lungo le strade della Francigena: «Mi sono presa del tempo per me»
La storia di Marta Maraschi, lodigiana, in viaggio questa estate in una delle zone più belle d’Italia
Viaggiare significa anche scoprirsi capaci di essere soli. Soltanto per un po’, lasciarsi alle spalle il lavoro, gli amici, la famiglia per trovare una dimensione nuova, di scoperta e di confronto con se stessi. La giovane lodigiana Marta Maraschi è partita sola, per camminare lungo il tracciato della via Francigena, tra Siena e Roma, tra piazza del Campo e San Pietro. «A parte le ultime tappe, nella periferia di Roma, il resto è un tratto bellissimo: dicono sia il più bello di tutto il percorso - racconta -. Non nego che sia stato anche faticoso dal punto di vista fisico: ho avuto problemi con i piedi e con il caldo. Purtroppo è stata una delle settimane più afose dell’estate, e lungo queste strade bianche c’è poca ombra, così partivo prestissimo al mattino per arrivare il prima possibile». Più semplici, invece, le questioni organizzative: ovviamente, era necessario prenotare gli ostelli con due o tre giorni di anticipo, e non arrivare all’ultimo minuto, perché con la pandemia ci sono meno strutture aperte e meno posti per via del distanziamento.
Ma oltre alle questioni pratiche, camminare significa avere un sacco di tempo per pensare, o anche per non pensare a niente. «Ho apprezzato la possibilità di stare per i fatti miei senza pensare a nulla - spiega Marta -. È un’occasione per staccare il cervello. Tante volte uno è sballottato da mille cose, qui invece sei concentrato sul momento. Io non avevo mai fatto un cammino di più giorni, e per me questo viaggio è stata proprio una occasione per staccare dalla routine e prendermi del tempo per me». Il fatto di essere da soli amplifica questa sensazione e questa opportunità. «Sul cammino si incontrano tante persone, ma sta a te scegliere se camminare con loro, se staccarti e incontrarle di nuovo la sera, oppure mai più». I tuoi tempi, ancor più che i chilometri, sono la misura del cammino. Tempi che dipendono dall’allenamento, dalla forza di volontà, dal peso dello zaino, dal caldo della giornata, o anche solamente dal desiderio di fermarsi ad ammirare un paesaggio, di rallentare per riprendere fiato o per aspettare qualcuno, correre più forte per inseguire un miraggio o per raggiungere la meta prima di sera. Nella consapevolezza che, come piccole tartarughe, tutto quello di cui si ha bisogno è sulla schiena, nello zaino che diventa «bene preziosissimo» nonostante il suo peso sia un fastidio a volte insopportabile, quando i chilometri cominciano a diventare tanti e la stanchezza inizia a farsi sentire. «In tutto ho percorso 267 chilometri in quattordici giorni - afferma -. Non mi ero allenata. Avevo camminato prima, ma non a sufficienza da avere la costanza per camminare per più giorni di fila. Forse questo è stato un limite, ma non mi ha impedito di arrivare a destinazione».
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