Interni
Mercoledì 25 Settembre 2013
Mafia, arresti e denunce nel Lodigiano
Tra gli otto arrestati per associazione a delinquere ed estorsione anche Vincenzo Tumminello, residente
a Tavazzano, perquisizioni a tappeto nel Sudmilano
Arresti, perquisizioni e denuncie anche nel Lodigiano e nel Sudmilano nell’ambito della maxi operazione antimafia che ha portato ieri all’arresto di otto persone (fra cui la figlia di Vittorio Mangano, l’ex “stalliere” di Arcore scomparso nel 2000) per associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. Il gruppo criminale, legato a Cosa Nostra, operava in modo fraudolento nel mondo delle cooperative di servizi ed è accusato di aver accumulato fondi neri per milioni di euro attraverso l’emissione di fatture false. Denaro che poi veniva riciclato o utilizzato per fornire sostegno e protezione ai latitanti e alle famiglie dei mafiosi carcerati.
A Tavazzano è stato arrestato Vincenzo Tumminello, 56nne incensurato. Pare che nel Lodigiano l’uomo fosse solo residente e che non avesse attività o affari. A Lodi invece è stato indagato a piede libero S.C., noto commerciante della città bassa titolare di un negozio di alimentari; la sua casa di Massalengo è stata perquisita e i poliziotti hanno sequestrato alcuni documenti e denaro contante. A Lodi Vecchio infine è stata identificata una donna, T.M., considerata una sorta di “segretaria” dell’organizzazione. E controlli a tappeto sono stati fatti anche nei comuni di San Donato, Tribiano e Peschiera Borromeo (ma anche Monza, Corsico e Cremona) presso le sedi di società e cooperative legate a doppio filo all’organizzazione criminale.
A capo di tutto c’era quindi Cinzia Mangano, 44 anni, «quella che gestiva i soldi, un enorme flusso di denaro», oltre a Enrico Di Grusa, 47enne, marito dell’altra figlia di Mangano, e Giuseppe Porto, imprenditore di 59 anni attivo nel settore delle cooperative di servizi. Le indagini hanno portato alla luce un quadro “preoccupante” di infiltrazioni criminali nel tessuto economico e sociale, tanto da far parlare la magistratura di “mafia imprenditoriale”. La squadra mobile di Milano, che ha condotto le indagini dal 2007 con la Dda di Milano, ha scoperto una rete di cooperative che gestivano facchini, autisti, centralinisti e portieri e che, violando leggi e norme, utilizzavano decine di stranieri clandestini per la manodopera ed emettevano false fatturazioni per milioni di euro (650mila quelle accertate, definite dagli inquirenti «la punta di un iceberg»).
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