«Dodici milioni di persone hanno visto questo video. Pensi ancora che sia solo un piccolo sito?».
Julian Assange, angelo o demone? Un paladino della libera informazione o un egocentrico pirata informatico che ha tentato di scardinare un sistema di controllo in mano ai poteri forti? Questo il quesito (irrisolto) che sta al centro de Il quinto potere di Bill Condon, film che ricostruisce la parabola del fondatore di WikiLeaks il sito che tra il 2007 e il 2011 ha pubblicato una serie di documenti segretissimi, che hanno fatto tremare le diplomazie di mezzo mondo. Una storia che, pur avendo avuto una copertura totale dai media, da quelli tradizionali alla Rete, resta complessa e tutta da decifrare, a partire proprio dalla figura di Assange.
Il film di Condom racconta i punti salienti del “caso WikiLeaks”, prova a spiegare la figura controversa del fondatore, ma alla fine resta in bilico, in qualche maniera irrisolto. Senza il ritmo e la passione del film d’inchiesta, non diventa mai un nuovo Tutti gli uomini del presidente ad esempio, ed è pure incompleto sulla ricostruzione del personaggio Assange che resta , in effetti, un grande mistero anche per sceneggiatori e regista.
Alla fine è più sviluppata l’idea di un film sul “quinto potere” che scalza quelli precedenti, anche se gli autori si preoccupano troppo di suggerire la loro posizione allo spettatore, sottolineando una morale che diventa via via troppo esplicita. Insomma la Rete ha cambiato senza dubbio il modo di fare informazione, WikiLeaks a sua volta ha scardinato altri punti fermi con un metodo di diffusione delle notizie che proteggendo le fonti avrebbe permesso di rivelare il segreto e il più segreto. Ma questa rivoluzione si è poi compiuta? Presto l’interrogativo si sposta (inevitabilmente) su questo punto centrale, che diventa lo snodo del film. Al di là della ricostruzione – complicata – degli eventi.
Nei documenti pubblicati da WikiLeaks c’erano i segreti delle banche sul riciclaggio di denaro, la verità sugli omicidi tenuti nascosti dei reporter della Reuters in Iraq, i trattamenti disumani nella prigione di Guantanamo o i cablogrammi delle ambasciate diplomatiche di tutto il mondo. L’importanza dei testi e delle conversazioni, pubblicate senza filtro né interpretazione, era quindi assai differente.
Basato sui libri Inside WikiLeaks dell’ex socio Daniel Berg e WikiLeaks scritto da due giornalisti del Guardian Il quinto potere rischia di operare una ricostruzione forzatamente di parte e di essere un film “a tesi”: così dopo un inizio assolutamente a favore della sfida di Assange contro i poteri forti, vira decisamente per suggerire una chiave critica all’operato suo e del suo sito. E per lasciare spazio alla fatidica domanda: è giusto, in virtù di un principio di libertà, rendere pubblici informazioni riservate e segreti di Stato, anche mettendo a rischio la sicurezza nazionale?
Forse troppo vicino ai fatti, in termini di tempo, per avere lucidità di giudizio e per approfondire la ricerca sugli effetti Condom cerca il ritmo del film di inchiesta ma non maneggia il genere come dovrebbe, e la sua opera ha più l’urgenza dell’istant-movie che la profondità del grande cinema di indagine. Immagina a un certo punto la sede di WikiLeaks come un enorme archivio di schermi tv e faldoni di carta contro cui l’ex sodale Berg si scaglia, ma anche la riflessione iniziale sulla rivoluzione dell’informazione un po’ gli sfugge, perché gli sceneggiatori sono indecisi loro stessi sul giudizio da dare alla figura controversa di Assange.
Che alla fine del film resta tale (controversa), avvolta in un mistero che non viene chiarito (e non potrebbe essere altrimenti) ma viene ulteriormente circondata da un’aura un po’ equivoca legata a presunti traumi di gioventù che ne avrebbero condizionato in futuro i rapporti personali. Così che anche l’amicizia con Berg (ma questa è la tesi ispirata dal libro dell’ex socio) si risolve in un conflitto di personalità che esplode quasi come in un melodramma sentimentale.
«12 milioni e pensi ancora che sia solo un piccolo sito?»: uno degli elementi che il film meglio riesce a cogliere è forse proprio la lentezza con cui è stata compreso il cambiamento introdotto dalla Rete e da questo tipo di informazione che attraverso internet scavalca tutti gli schemi noti. Anche se, e il film ha il merito di mostrarlo, alla fine la “rivoluzione” attesa forse non c’è ancora stata e al momento non sono caduti presidenti come in un nuovo Watergate ma semplici funzionari, magari silurati per aver pronunciato una battuta su un capo di stato straniero.
jeSeR0lNbzcLa videorecensione
PRIMA VISIONE «Dodici milioni di persone hanno visto questo video. Pensi ancora che sia solo un piccolo sito?». Julian Assange, angelo o demone...
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