Lettere al Direttore / Lodi
Mercoledì 23 Agosto 2023
«Il governo Meloni e l’opposizione non rinneghino un partner storico»
Per il direttore di Lodi Export Milella le nostre imprese hanno bisogno di riprendere a commerciare normalmente con la Russia
Dopo ben undici pacchetti, varati ad un ritmo record di quasi uno al mese, possiamo dire che le sanzioni UE verso la Russia abbiano sì fiaccato l’economia del Paese, ma non al punto da determinarne quel tracollo che alcuni presunti esperti avevano profetizzato nell’arco di poche settimane dal deflagrare del conflitto. Per giunta, le stesse sanzioni hanno causato un indebolimento, se non uguale e contrario, perlomeno tangibile anche alle nostre di economie, a partire dai noti rincari energetici che quasi tutti abbiamo sperimentato, nel corso dell’ultimo anno.
Come Consorzio, abbiamo costantemente provveduto ad informare le imprese delle disposizioni via via emanate e ad assisterle concretamente, con l’obiettivo di garantire massima continuità alle loro attività nell’area, pur nell’assiduo rispetto delle normative di volta in volta vigenti e dietro le necessarie verifiche del caso.
Tuttavia, sanzioni o no, è ormai risaputo che in gran parte le esportazioni UE stanno continuando ad arrivare a destinazione, passando per altri Paesi alleati della Russia: tanto per fare un esempio, verso il minuscolo Kirghizistan l’export dell’Unione nel 2022 è sorprendentemente aumentato del 345%! Anche Paesi come Turchia, Emirati Arabi e Cina svolgono un ruolo in queste operazioni, garantendo altresì continuità alla mobilità di persone.
Non a caso, l’ultimo pacchetto sanzionatorio ambisce a colpire queste possibili “triangolazioni” (tecnicamente il termine non è corretto, ma rende l’idea), ma a causa delle difficoltà attuative e delle possibili ripercussioni in termini di rapporti diplomatici con questi ed altri Paesi, è probabile che esso sia destinato in buona parte a rimanere soltanto sulla carta.
Non fa eccezione l’Italia, le cui piccole e medie imprese hanno dato prova di straordinaria resilienza durante la crisi in atto, individuando mercati e soluzioni alternative dopo essersi trovate la via principale improvvisamente sbarrata.
Così, secondo elaborazioni di ICE Agenzia basate su dati ISTAT, le esportazioni italiane verso il Kirghizistan sono aumentate del 178% nel 2022 e del 409% tra gennaio e aprile di quest’anno; i prodotti italiani in Armenia hanno registrato un + 80% nel 2022 e nei primi mesi del 2023 si conta una crescita del 100%; gli scambi commerciali con il Kazakistan segnano un + 67% per entrambi gli anni; infine, da notare anche la Georgia, con un 12% in più per il 2022 ed un aumento del 57% da gennaio ad aprile di quest’anno.
Naturalmente, questa strategia ha i suoi costi: oltre agli adempimenti doganali, non sempre limpidi, la procedura comporta un aggravamento di oneri dovuto alla logistica più complessa ed al peso dell’eventuale ruolo di intermediazione che svolgono clienti o rappresentanti che operano localmente.
Dal punto di vista politico, gli ultimi giorni hanno visto moltiplicarsi gli inviti alla riflessione da parte non solo di influenti opinionisti, ma anche dei vertici di alcuni Paesi ed organismi sovranazionali, forse anche per via del sostanziale fallimento della tanto mitizzata “controffensiva” ucraina, dei cui effetti decisivi non sembra essersi accorto nessuno, salvo i disgraziati che a causa di essa sono inutilmente periti sul campo di battaglia.
Stian Jenssen, Capo di Gabinetto del Segretario Generale della NATO Stoltenberg, ha proposto di congelare la situazione attuale sul campo, a fronte dell’immediata concessione all’Ucraina dello status di membro della NATO.
Difficile che la Russia possa accettare, ma è già un passo in avanti rispetto alle precedenti posizioni ufficiali dell’Alleanza che subordinavano l’apertura dei negoziati ad un ritiro senza se e senza ma della Russia dai territori annessi (inclusa la Crimea!), quindi ad una situazione in cui verosimilmente non ci sarebbe stato proprio più nulla da negoziare.
Washington è sempre più sconquassata dal dibattito tra falchi e colombe, mentre la campagna elettorale per le presidenziali sta entrando nel vivo ed il tema “Ucraina” sta diventando sempre più scomodo, a fronte di un’opinione pubblica disinteressata o alle prese con ben altri e gravosi problemi interni (quali inflazione, immigrazione, degrado urbano e sicurezza).
Macron ha ribadito che Putin ha sbagliato ad invadere l’Ucraina, ma che della Russia l’Europa non può fare a meno, come partner economico, storico e politico e che quindi una soluzione diplomatica andrà in qualche modo trovata.
Cina e Turchia si sono già proposte più volte con un ruolo di mediazione; perfino il premier bielorusso Lukashenko ha sostenuto che la guerra si può fermare, dando ulteriore prova di moderazione (non è la prima volta) sulla crisi in corso, pur nella scontata fedeltà all’alleato Putin.
Sul campo le azioni si trascinano stancamente, mentre lasciano sgomenti le stragi di civili ormai all’ordine del giorno ed i filmati dei miliziani ucraini che, sempre più a corto di uomini, setacciano il territorio caricando a peso sulle loro camionette i malcapitati di turno da spedire al macello, evocando i peggiori incubi della nostra prima guerra mondiale.
Se non approfittiamo di queste circostanze timidamente favorevoli per avviare dei negoziati seri, ci ritroveremo in un nuovo inverno con le truppe dei rispettivi fronti impantanate sulle loro posizioni e quindi con il rischio di un prolungamento sempre meno risolutivo e sempre più distruttivo delle ostilità.
Non possiamo permettere che questo succeda; dobbiamo invece pretendere che il nostro governo ed anche l’opposizione, che si è sempre in gran parte associata alle operazioni belliche, si adoperino finalmente per la pace e non costringano il nostro Paese a rinnegare un partner storico e le nostre imprese a sobbarcarsi rischi e costi enormi per poter continuare a commerciare con la Russia, facendo peraltro la fortuna di altri Paesi.
Fabio Milella
Direttore Lodi Export
Lodi
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