Lodi: «Disabili nelle scuole, la sola idea di tornare indietro mette i brividi»

A proposito di inclusione nelle scuole. Nel 1957, a Lodi, dopo una lunga e travagliata genesi, era inaugurata ufficialmente la nuova scuola elementare “Cabrini”, nota come scuola di Corso Archinti. Funzionava già in parte dal 1951 con 800 alunni dalla 3ª alla 5ª classe elementare. Nel 1966/67 ben dodici aule della nuova scuola furono adibite per ospitare ragazzi e ragazze della “Scuola speciale”. Si trattava di bambini con difficoltà di apprendimento, lenti nella lettura e nella scrittura, insufficienti nel calcolo e provenienti in gran parte da famiglie formate da contadini analfabeti e da zone depresse del Lodigiano. Erano selezionati da un’èquipe psico-socio-pedagogica attraverso un test di “Scala intellettiva” ed erano seguiti da insegnanti che adottavano un metodo d’insegnamento adeguato alle loro capacità. Nel pomeriggio, maschi e femmine rigorosamente separati, si dedicavano soprattutto a lavori manuali, come pongo, creta, traforo, cucito e ricamo.

Dodici classi in cui erano riuniti circa 150 alunni considerati subnormali o handicappati, oggi chiamati disabili o meglio diversamente abili.

Fa veramente impressione leggere queste “storie vere”, tratte dal libro “Le scuole dei nonni, edizione Pmp”, scritte dal dottor Giuseppe Anelli che, da ex alunno della stessa scuola, ne divenne direttore didattico per vent’anni, dal 1970 al 1990.

Fortunatamente è anche una storia lontana nel tempo che, però, ci aiuta a comprendere meglio i progressi registrati in questo particolare settore con l’esperienza didattica inclusiva maturata ormai da quasi cinquant’anni nelle scuole italiane che, per questo, sono prese a modello da molti altri Paesi non solo europei. Hanno scritto in “Buone Notizie” Giovanni Merlo e Ilaria Sesana (Ledha): “La scuola inclusiva è la migliore delle scuole possibili. Ogni tentativo di separazione, porta sempre risultati negativi, sia per chi è escluso sia per chi rimane in classe, che è privato di importanti occasioni di relazione e di apprendimento”. È questa la sola risposta possibile a chi, per pura ignoranza o solo per meschini calcoli politici mette ora in dubbio la validità e la bontà della legge sull’inserimento scolastico nel nostro Paese, legge dello Stato e ratificata dal Parlamento nel 2009.

È chiaro, quindi, che non si torna indietro, ma il solo fatto che qualcuno abbia pensato di metterla in dubbio (e possa trovare proseliti) fa rabbrividire. Vogliamo forse tornare alle “Scuole speciali” per lasciare spazio a quella dei “talenti e del merito”? Forse è giunto il momento per pensare a una vera scuola inclusiva, che non lascia indietro nessuno e non ostacola chi ha capacità particolari. Magari investendo maggiori risorse finanziarie non solo per nuovi “contenitori” con spazi adeguati ma anche per incrementare nuovi educatori preparati adeguatamente e offrire a tutti i bambini il diritto di crescere assieme, ciascuno con le proprie capacità.

I dati diffusi recentemente dall’Ufficio scolastico provinciale, e riportati dal “Cittadino” del 30 aprile scorso, parlano di alunni disabili e con bisogni speciali nel Lodigiano che nell’ultimo anno sono passati da 1.265 a 1.457. Una ragione in più per concentrarsi maggiormente verso questo problema e, come sostiene la Cisl, “ripensare a un nuovo impianto didattico inclusivo”.

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