LODI «Impediamo l’estensione della guerra»

«Quali altre armi siamo disponibili a inviare? Quanti soldi siamo disposti a spendere ancora? A quali servizi pubblici abbiamo sottratto questi fondi? Per questi motivi abbiamo marciato la notte del 23 febbraio da Perugia ad Assisi»

Il vortice della guerra in Ucraina ci sta risucchiando. Stiamo per arrivare al punto di non ritorno. Rischiamo di essere travolti dall’escalation militare. Rischiamo la distruzione del mondo. Viviamo una fase in cui l’escalation militare minaccia di trascinarci in guerra, in cui è sempre più urgente decidere come impedire l’estensione della guerra al resto dell’Europa e del mondo con uno scontro aperto tra Russia e Nato. Stiamo attraversando un periodo storico in cui la guerra alla guerra di Putin non sta ottenendo i risultati sperati. Una guerra in cui dovrebbe essere interesse degli ucraini ma anche nostro e dei russi che la guerra finisca al più presto e che si ricominci a costruire la pace con soluzioni concordate, giuste e stabili.

La nostra Costituzione ripudia la guerra e impegna l’Italia a promuovere un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni e a favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo ed oggi è più che mai vero che la sola via di uscita dalla guerra totale è il negoziato politico.

La politica deve, quindi, dare inizio e corpo ad un serio, ampio e intenso lavoro per la pace. Come ha di recente detto il Presidente Mattarella la pace “è una costruzione laboriosa, fatta di comportamenti e di scelte coerenti e continuative, non di un atto isolato”.

Ottenere il cessate-il-fuoco vuol dire fermare i combattimenti, congelare la situazione sul campo di battaglia, promuovere la de-escalation.

Sarà necessaria la pressione di molti. Nessun paese può fare da solo ma ciascuno può e deve fare il massimo sforzo. L’Italia può essere il primo paese che accoglie apertamente le proposte di Papa Francesco: “In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni.”

Nel frattempo, cosa fare, continuiamo ad inviare armi? Aiutare l’Ucraina è giusto. Ma siamo sicuri che lo stiamo facendo nel modo giusto?

Il continuo invio di armi occidentali (insieme con una vasta assistenza militare) all’Ucraina ha contribuito a contenere l’avanzata dell’esercito russo, ma è un’illusione pensare che basterà a respingerlo oltre i confini.

Le armi che inviamo non bastano mai. Ora siamo arrivati ai carri armati. Ma gli ucraini già chiedono i cacciabombardieri, i missili a lungo raggio...

Quali altre armi siamo disponibili a inviare? Per quanto tempo ancora? Quale strategia politica e militare sta guidando i nostri invii di armi? Quanti soldi siamo pronti a spendere ancora? Quanti ne abbiamo spesi sino ad oggi? A quali servizi pubblici abbiamo sottratto questi fondi? A quali urgenze locali, nazionali o mondiali? Per tutti questi motivi, abbiamo marciato - con una iniziativa straordinaria della Marcia della Pace PerugiAssisi - la notte del 23 febbraio, ad un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, perché se per un anno abbiamo visto la guerra in televisione , quest’anno potremmo viverla anche nelle nostre città, perché se la guerra ha un’escalation noi saremo costretti ad intervenire militarmente e allora sarà la guerra mondiale.

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