LODI «Libro di Uggetti, comportamento sleale e moralmente censurabile»

La lettera di Angelo Regazzetti

Egregio Direttore,

il nostro ex sindaco dr. Simone Uggetti ha voluto pubblicare un libro (“Storia di un sindaco – da San Vittore all’assoluzione”) in cui descrive la sua drammatica vicenda, quella di un politico e amministratore locale che è stato vittima delle storture del sistema giudiziario: un’intenzione lodevole e condivisibile (anche se occorre precisare che il comportamento illecito del sindaco è stato confermato dalla sentenza della Cassazione, che ne ha invece riconosciuto la “tenuità”).

Ovviamente non può mancare la solidarietà umana nei confronti di una persona che ha vissuto un’esperienza così dolorosa, immeritatamente inflitta.

Nel merito, non voglio addentrarmi, non ne sono interessato in questa sede. Posso solo dire, da cittadino mediamente consapevole e informato, che condivido integralmente quanto ha scritto Lorenzo Maggi nella sua lettera del 5 novembre scorso, a commento dell’evento di presentazione del libro: il pubblico amministratore è tenuto al rigoroso rispetto, anche formale, della legge. Mi sembra che si tratti di una posizione incontestabile, se l’ex sindaco esterna (pubblicamente!) opinioni a sostegno di comportamenti diversi (il bene pubblico perseguito anche al di sopra della legge) si colloca al di fuori della Costituzione.

Ma la mia lettera di oggi non ha lo scopo di offrire un contributo a un dibattito complesso: non ne ho le capacità, né l’interesse. Ha invece lo scopo di solidarizzare con Caterina Uggè, la funzionaria comunale (ormai ex) da cui è partito l’esposto, che il dr. Uggetti qualifica più volte nel suo libro come una persona di limitate capacità professionali e che sarebbe stata mossa nella sua iniziativa da intenti non trasparenti (si parla esplicitamente di potenziale conflitto di interessi) e fini extraprofessionali (si sarebbe costruita un “film” dell’accaduto).

Dunque l’ex sindaco, che dovrebbe avere nel mirino la condotta della Procura e l’abnorme utilizzo degli strumenti inquirenti, non cita alcun magistrato inquirente per nome (perché?) e molto cavallerescamente se la prende con una cittadina che, nell’esercizio della sua attività lavorativa, ha ritenuto doveroso (anche per tutelare se stessa) segnalare comportamenti di cui sospettava l’illiceità, poi comprovata .

Come qualificare tutto questo? A mio parere come un comportamento sleale e moralmente censurabile, perché la cittadina (che è sorella di mio cognato e qui riconosco il mio personale conflitto di interessi) non ha molti strumenti per difendersi dalla diffamazione, se non intraprendere un’altra azione legale contro un uomo che va consolidando intorno a sé ampi consensi (politici e, ahimè, giornalistici).

Non aggiungo altro.

Confido che altri condividano questo atto di solidarietà in un momento in cui Caterina soffre in quasi totale solitudine.

Cordiali saluti.

Angelo Regazzetti

Lodi

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