Andrea Molesini, bambini in fuga dalla paura

Pietro, dieci anni, orfano, con le sue parole semplici e per questo piene di verità, comicità e nonsense come «il mio gatto ha le gambe così lunghe che arrivano fino a terra». È lui la voce narrante - alternata a quella di una giovane donna di 27 anni che tiene un diario molto schietto e diretto - del nuovo romanzo di Andrea Molesini La primavera del lupo, appena uscito per Sellerio. Super Campiello 2011 con il primo romanzo Non tutti i bastardi sono di Vienna (100mila copie vendute), Molesini in questo libro percorre una strada nuova che ha in comune con il suo esordio, ma in modo più sfumato, solo la fine della guerra.

«Il primo libro è musica classica. La primavera del lupo è musica jazz. Non tutti i bastardi sono di Vienna era un po’ ottocentesco e la guerra era parte del racconto. Questo nuovo romanzo è modernissimo, velocissimo, molto nevrotico e il conflitto mondiale è un po’ lo sfondo della storia. E poi la prima guerra mondiale è diversa dalla seconda e racconto la fine, il momento confuso dove tutti cercano di portare a casa la pelle» dice lo scrittore veneziano che insegna Letterature comparate all’Università di Padova ed è stato fino agli Novanta autore di una decina di libri per ragazzi e vincitore del Premio Andersen.» È un’età un po’ magica - sottolinea Molesini - quella dei dieci anni, in sospeso tra adolescenza e infanzia. Si può pensare in modo spudorato, dire la verità senza remore. Non si è consapevoli dell’importanza della menzogna come nella vita adulta. In letteratura il mentitore per antonomasia è Ulisse che dice a Polifemo «Io sono nessuno». Un bambino può rinunciare alla menzogna in modo assoluto e questo, narrativamente, è uno strumento formidabile per raccontare senza veli». Pietro che non usa mai il congiuntivo, solo l’indicativo «perché vive indicando il mondo, non formulando ipotesi», scappa dai nazisti nel 1945 con il suo amico Dario, anche lui orfano, «che sa i numeri», insieme ad altre persone. All’improvviso, il rifugio nel convento sull’Isola di San Francesco del Deserto, al centro della Laguna di Venezia, diventa per loro insicuro.«La fuga è tutta di notte perché è la sede di antiche paure infantili dell’uomo. La prima parte è sul mare, la seconda attraverso boschi e foreste, anche questi luoghi mitici in cui ci si perde e si ha paura. La situazione è quella dei braccati, dei fuggiaschi» afferma ancora l’autore. Che poi aggiunge: «È molto interessante quel periodo dove a contare sono le cose concrete, la fame, la morte e non si pensa alla marca dei jeans. Mettere un bambino in questa situazione di pericolo ma collettivo, come è la guerra, è una fonte di conoscenza ma anche di comicità. Pietro usa spesso frasi spiazzanti».Motore della storia è anche un disertore tedesco: «un po’ buono e un po’ cattivo insieme. Ai bambini piace perché li protegge ma è un personaggio con grandi ambiguità» spiega Molesini. La tecnica usata nel romanzo «è un pò quella del Circolo Pickwick di Charles Dickens dove gli incontri si susseguono veloci e i personaggi vengono tratteggiati rapidamente».Molesini, che non nasconde di amare più questo libro del precedente («lo ho scritto con il ventre e con la gioia, mi sono divertito. È più sofisticato letterariamente ma più semplice dal punto di vista narrativo») sta già pensando al terzo romanzo, che sarà diverso dagli altri due. «Mi stufo io, figuriamoci il lettore. Dunque, non ci saranno guerre ma un piccolo episodio della vita di Albert Einstein e un leone. Non so come saranno collegati».

Andrea Molesini, La primavera del lupoSellerio editore, Palermo 2013pp 295, 14 euro

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