Educazione, missione quasi (im)possibile

Educare, parola ormai vuota in una società senza padri, senza famiglia, nella quale il denaro è il capo indiscusso e il tempo è quello dell’attimo fuggente e della non cultura. È da qui che bisogna partire per capire genitori in crisi e insegnanti rinunciatari davanti a figli e ad alunni maleducati, violenti, immaturi e che soprattutto vivono senza la percezione del futuro. «Come se l’uomo potesse agire solo come una farfalla e succhiare il nettare che serve per quel momento, per l’oggi» dice lo psichiatra Vittorino Andreoli.Attento osservatore del disagio psicologico degli adolescenti e dei loro compagni più adulti, Andreoli non si arrende a L’educazione (im)possibile alla quale ha dedicato un libro per orientarsi in una società senza padri, o meglio nella quale padre e figlio sono «una combinazione impronunciabile diventata padre o figlio».

«Mi pare - sottolinea lo psichiatra - che la perdita della percezione del futuro sia correlata a una politica che non sa programmare nemmeno a tre mesi, ed è ormai regola che le opere che hanno bisogno di tempo per essere realizzate rimangono sempre incompiute». Nella società dell’attimo fuggente anche la cultura muore. «È il tempo - dice ancora Andreoli - in cui il cavallo di Caligola può, invece di entrare in Senato, essere insignito del Premio Nobel per la letteratura. Del resto le vallette hanno occupato i ministeri della cultura e gli stolti sono nelle top ten della scrittura».E come si può immaginare una possibile educazione in un mondo camaleontico, nel quale tutto si trasforma continuamente, compresi i sentimenti sottomessi all’usa e getta come le scarpe e gli oggetti? Dove si amano più persone contemporaneamente e l’infedeltà è una regola? «In una sintesi statistica l’anatomia della famiglia è la seguente: il cinquanta per cento dei matrimoni si è sciolto, del cinquanta che resiste, la metà è divisa di fatto e non ricorre alla formalizzazione per difficoltà economiche. Dunque solo il 25% delle unioni matrimoniali resiste» ricorda Andreoli. E che dire dell’amicizia che lo psichiatra definisce «allucinata, per lo più improvvisata» e del clima che si respira nei luoghi di lavoro nei quali a prevalere sono la conflittualità, la lotta e dunque l’inimicizia? A sconvolgere la nostra società e dunque anche i modelli educativi, ecco Internet che «può dare emozioni, ma certamente non stabilisce legami affettivi, e infatti non è una coincidenza che gli adolescenti non sappiano gestire né vivere la loro affettività» spiega ancora lo psichiatra. Ma «educare a vivere le relazioni sociali significa anche essere educati alla democrazia». Per Vittorino Andreoli, in un tempo in cui si guarda soprattutto agli eroi e alle azioni eccezionali, è necessario «legare affettivamente i giovani ai vecchi» e per questo «è tempo che i programmi scolastici smettano di fare la storia delle battaglie e delle guerre, che è sempre falsa, anche quella proposta da un insegnante che si definisce “obiettivo”. Molto meglio dedicarsi alle piccole storie dove emergono i nonni e bisnonni». L’augurio per un’educazione possibile è che si «delinei un umanesimo della fragilità; che da qui, e solo da qui, rinasca una politica, rinascano i bisogni esistenziali dell’uomo e della convivenza tra uomini».

Vittorino AndreoliL’educazione (im)possibileRizzoli editore, Milano 2014pp 212, euro 18,50

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