Elena Ferrante si congeda da Elena Greco

Torna, per chiudersi, la storia de L’amica geniale, come si intitolava la prima parte, che dà il titolo a tutta la trilogia, seguita da Storia del nuovo cognome. Torna con le sue durezze, i suoi graffi e l’andamento da romanzo popolare, nel terzo titolo che Elena Ferrante dedica a questo spaccato di vita italiana: Storia di chi fugge e di chi resta. L’intero ciclo narrativo, che copre oltre sessant’anni,

muove dal nucleo magmatico del rione napoletano, dove tutto ha inizio, fino alle più evolute città del nord (Firenze, Milano, Torino). In questa geografia, scandita dai decenni che passano, le due protagoniste sono sempre Elena Greco (l’io narrante) e Lina o Lilia Cerullo, la sua amica di sempre e da sempre antagonista, forte, imprevedibile, esagerata, geniale. Ma se Elena mantiene, nella vita e nei tre romanzi, inalterati i suoi obiettivi e la voglia di evolversi, di lasciare il rione, di conquistarsi una cultura e una femminilità nuova, Lilia caparbiamente resta, legata a Napoli, alla sua gente, al rione, ai suoi traffici. La scomparsa di Lilia, che apriva il primo libro, torna in questo, come a chiudere il cerchio narrativo: tutto quello che c’è in mezzo è il racconto, il flash back continuo delle loro vite, narrato da Elena, ormai adulta, laureata alla Normale di Pisa e scrittrice, sposata ad un giovane universitario con cattedra a Firenze, Pietro Airota, di buona famiglia e con amicizie che contano. Il suo contraltare è sempre Lilia, che arranca e si consuma in una vita di stenti, operaia nel salumificio di un ricco del rione, separata con un figlio da mantenere e un compagno devoto, Enzo, da cui non si fa toccare. Intorno alle due donne, si muovono due mondi contrapposti - l’agio, l’impegno e le buone letture da una parte; la miseria, le mani sanguinanti e lo sfruttamento operaio dall’altra - popolati entrambi dal bene e dal male, dalle figure colorite e feroci del rione, da quelle più composte della buona società italiana, che fa i conti col suo divenire. E tutti seguono il fiume in piena della storia, finché i due universi s’incontrano nei fermenti del 1968, in cui sembra che tutto possa accadere. E da quell’incontro nascono scontri, violenze, rivendicazioni, che sfiorano le note cupe degli anni di piombo, ma anche spinte nuove, consapevolezza, complicità d’intenti. Insieme alla storia, anche le vicende personali scorrono: Elena ha due figlie, è insofferente alla vita domestica, le mancano certi stimoli, non riesce più a scrivere, mentre il marito è sempre chiuso nei suoi studi, distante dai fermenti politici e da lei, che invece si osserva di continuo, si scuote, riprende a partecipare alle manifestazioni,scopre il femminismo, prova a scrivere ancora. E soprattutto reincontra il suo mito di ieri, Nino, anche lui nato nel rione, ma espulso da una forza centrifuga che ha rotto le barriere di quel recinto e lo ha reso diverso, impegnato, colto e in qualche modo sfuggente. Il loro ritrovarsi la travolge e acquista lo spessore di un amore irrinunciabile. Lo stesso amore, lo stesso uomo che, anni prima, aveva travolto la sua amica Lilia. Quella Lilia che ha cambiato vita anche lei, sfidando il rione in cui vive: ha lasciato la fabbrica, ha studiato per corrispondenza i nuovi calcolatori e adesso è capo perforatrice, la più brava, la più contesa. I rapporti fra le due donne sono un alternarsi di riavvicinamento e distanze, di aiuto generoso e antagonismo, di telefonate fiume e di silenzi; sempre più rari gli incontri, fino a quello finale, di loro due sessantenni, poco prima che Lilia scompaia. Ma quell’episodio ha una sua funzione importante: annuncia questo terzo libro, forse il più bello, il più letterario dell’intera trilogia.

Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi restaE/O, Roma, 2013pp.384, 19,50 euro

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