I giardini eterni dove riposano i big della storia

Nessun tabù, nessuna paura. Tutt’altro. Nel libro di Valeria Paniccia - ricco di aneddoti, di storie più o meno famose, a tratti divertente, a tratti più malinconico -, la morte diventa un rito da esorcizzare, da affrontare come un evento naturale della vita. Un rito che diventa possibile passeggiando nei cimiteri di mezzo mondo, sbirciando tra i nomi incisi sulle tombe, accompagnati - come novelli Dante all’Inferno - da un Virgilio che via via assume le fattezze di Margherita Hack, Giorgio Albertazzi, Josè Saramago, Toni Servillo, Gabriele Lavia, solo per citarne alcuni, che hanno conosciuto o solo amato e ammirato i «grandi sepolti» e che parlano del loro rapporto con la morte. Una guida che si

legge come un romanzo, un invito alla pratica di un turismo insolito e suggestivo: passeggiare nei luoghi senza tempo spesso dimenticati dalle città frenetiche. E allora via per un viaggio attraverso giardini pieni di vita e di memoria. Si parte dal San Michele di Venezia, un cimitero unico al mondo, placidamente adagiato su un’isola della laguna. Ad accompagnare il visitatore-lettore è il filosofo ed ex sindaco della città Massimo Cacciari. È lui che, tra riflessioni sulla morte, sulla società, sulla storia, racconta la storia del cimitero, di Ezra Pound il cui nome è inciso su una piccola lapide a terra, nascosta dall’edera, o del premio Nobel per la Letteratura Josif Brodsky, e di Igor Stravinsky, la cui tomba è un’opera realizzata da Giacomo Manzù.A Roma, nel cimitero acattolico per stranieri, a far da Cicerone è Margherita Hack. La scienziata profondamente atea, scomparsa solo qualche mese fa. Anche lei si lascia andare a considerazioni sulla religione e sulla vita. Parlando e camminando, sfilano i nomi dei poeti inglesi John Keats («Qui giace uno il cui nome era scritto nell’acqua») e Percy Shelley. Ma a Roma riposano anche Carlo Emilio Gadda e Antonio Gramsci. Nel cimitero di Staglieno a Genova, finito nelle pagine di scrittori come Twain, Waugh, Nietzsche, Maupassant, Hemingway, che qui venivano a passeggiare tra porticati e sculture, l’ospite è il premio Nobel Josè Saramago, per il quale la morte non è un tabù, ma «è là e ci aspetta». E tra le opere d’arte, spuntano il sepolcro di Giuseppe Mazzini e la targa in memoria di Nino Bixio. Al Père-Lachaise di Parigi, dove è impossibile non imbattersi in qualche tomba famosa, da Chopin a Edith Piaf passando per Sarah Bernhardt, Maria Callas e Modigliani (ma la più visitata è quella di Jim Morrison), Giorgio Albertazzi recita i versi dei Sepolcri di Ugo Foscolo. Il viaggio continua al Monumentale di Torino, con Piero Chiambretti e Don Ciotti, e a quello di Milano, con Gae Aulenti (scomparsa nell’ottobre del 2012), tra Camilla Cederna e Alessandro Manzoni. Pupi Avati fa gli onori di casa alla Certosa di Bologna, che nell’Ottocento era tappa fissa del Grand Tour. E ancora all’estero il Novodevichy di Mosca, dove letteratura, politica, scienza, musica, storia, teatro, cinema si intersecano senza continuità spazio temporale e dove la guida è il giornalista Demetrio Volcic. Con Toni Servillo al Santa Maria del Pianto è d’obbligo la visita alla tomba di Totò, mentre alle Porte Sante di Firenze ad attendere il lettore ci sono Gabriele Lavia e Giovanni Sartori. Il viaggio si conclude a Los Angelee, con Gabriele Muccino, all’Hollywood Forever (Forever, per sempre come solo la morte può esserlo), dove si alternano templi greci, romani, egizi, obelischi e dove passeggiare è un po’ come ripercorrere la storia del cinema americano.

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Valeria Paniccia, Passeggiate nei prati dell’eternità, Mursia editore, Milano 2013, 308 pp, 18 euro

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