Pochi critici letterari hanno avuto la notorietà di Angelo Guglielmi. Intellettuale “anfibio” per definizione, agitatore del Gruppo ’63, studi a Bologna prima con Roberto Longhi e poi con l’italianista Carlo Calcaterra (curiosamente lo stesso itinerario di maestri di Pier Paolo Pasolini), dirigente televisivo della prima ora fino alla direzione di Raitre e poi alla guida dell’Istituto Luce. Questo libro, accidentalmente autobiografico, si ferma proprio all’esperienza al Luce e non dà conto dell’ultimo Guglielmi, impaludato in incarichi amministrativi comunali. Introdotto da Enrico Ghezzi, che di Guglielmi fu uno dei collaboratori a Raitre più fidati e che gli diede occasione anche di poter realizzare, una volta al Luce, il film più incompiuto d’Italia, Luce in macchina. Ma il libro racconta anche un’altra storia, oltre a mettere a referto una giudiziosa e virtuosa capacità di amministrare beni pubblici: è quella del rapporto con il cinema e le immagini di un intellettuale apparentemente versato a privilegiare le parole, soprattutto il romanzo.
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Angelo Guglielmi, Cinema Televisione Cinema, Bompiani, Milano 2013, pp. 151, 11 euro
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