Torna Alberto Lenzi, il «giudice meschino» del primo, fortunato, libro dello scrittore calabrese, recente vincitore del Premio Tropea. Torna un magistrato indisciplinato, con il debole per le belle donne, nato e cresciuto nella terra dove lavora. In quella Calabria che Gangemi racconta con passione autentica, nei suoi libri e negli affreschi per «La Stampa», il quotidiano con il quale collabora. Lenzi dovrà ora condurre due indagini, legate al problema dell’immigrazione (evidente il riferimento al caso Rosarno) e a un grosso traffico di cocaina nel porto di Gioia Tauro. Su Rosarno Gangemi, per bocca del giudice Lenzi, le idee le ha molto chiare: la ‘ndrangheta non promosse la cacciata dei neri, ma non poteva permettere che il controllo del territorio fosse in mano ad altri. E questo doveva essere chiaro a tutti. Da qui si dipana un poliziesco che si inserisce nella recente scia nazionale e internazionale, che vede protagonisti poliziotti e magistrati indaffarati a risolvere casi più o meno eclatanti.
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MIMMO GANGEMI, Il patto del giudice, Garzanti Editore Milano, 2013, pp. 226, 17,60 euro
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