Il grande fiume Po e la realtà che cambia

Questo di Guido Conti è un grande romanzo di narrazioni in cui l’autore nel raccontare l’“epopea” del grande fiume è capace di modulare su più registri, dal racconto esemplare al mito, dalla storia alla notizia, dalla cronaca contemporanea alla narrazione di costume fino a quella di paesaggio, storico-artistica eccetera. Ma ciò che più importa, coerentemente al suo “realismo visionario”, è che tutto diviene temporalità narrante, apertura verso le cose, i fatti e ciò che vi è nascosto dietro ed è sotto gli occhi di tutti: la vera ossatura di una realtà che diviene costantemente altro, una struttura alluvionale del reale cui è difficile cambiare corso, cambiare il... cambiamento. Il romanzo ha dunque questi “argini” e una prospettiva che sconcerterà gli abituali lettori di questo genere: non tanto quelli della letteratura cosiddetta di consumo, ma proprio quelli che hanno visto in questo genere il principe della tradizione otto-novecentesca di qualità alta, di una restituzione immaginativa che scava a fondo nel reale, più che reale, e nell’umano. Ma in anni di quantità, di frammentazione e di neo naturalismo imperante, oltre che di trash e trivial literature, solo chi abbia saputo affrontare complessivamente e digerire il composto delle tradizioni, compresa quella comico-umoristica, riesce ancora produrre opere di qualità. Il libro ripercorre anche una propria geografia e storia del fiume: reale, immaginifica ed immaginale. Ma è nell’intreccio dei saperi e delle gradazioni del dire che Conti ottiene il risultato più persuasivo.

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