Il Toro delle meraviglie e l’Italia dalle ossa rotte

Centotrenta chilometri in sella a una bici tutta scassata per ammirare da vicino le gesta del Grande Torino e riaprire gli occhi al sogno dopo gli anni bui e cupi della guerra. Il racconto di quella piccola ma appassionata epopea del 1946 lo regala Manlio Cancogni, che a 96 anni sa distillare emozioni a piene mani con un piccolo gioiello narrativo, da prendere ad esempio per coloro che volessero scoprire i “trucchi“ del bello scrivere: cuore, occhio, semplicità, pochi aggettivi e poche subordinate, pennellate improvvise di colore. Un racconto che è saga sportiva, ma soprattutto storia: quella di un Paese con le ossa rotte e tanta voglia di risalire, pronto a sudarsi la pagnotta. E per il quale i “cicenses” sono - ieri come oggi verrebbe da dire - il calcio con i suoi miti, che allora si chiamavano Mazzola, Gabetto, Loik, Rigamonti...

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