Nonostante il suo viso ci sorrida dalla copertina, con un delizioso sguardo sghembo, quando chiudiamo la sua autobiografia scopriamo che Fançoise Giroud non è stata una donna davvero libera come il titolo lascia intendere. E nemmeno una donna felice. Stiamo parlando di una delle personalità francesi più importanti del secondo Novecento: abile giornalista, fondatrice di due riviste cult come «L’Express» e «Elle», ministro della Cultura di due governi di Francia, Giroud dovrebbe essere l’emblema della realizzazione. Tanto più pensando ai suoi difficili natali e a quell’infanzia povera come può essere solo quella di una figlia di un rifugiato politico disadattato. Ebbe fama e soldi François Giroud, s’innamorò del giornalismo, della politica e di Jean-Jacques Servan Schreiber. Ma il suo abbandono, la depressione, una generale insicurezza non resero mai davvero libera questa intellettuale. Giroud è mancata, ultraottantenne, una decina di anni fa e per la prima volta viene pubblicato questo memoriale in punta di penna. Che trafigge il cuore.
Françoise Giroud Storia di una donna liberaNeri Pozza editore, Milano 2014pp. 256, 16 euro
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