«A che mi servono le gambe se ho ali per volare?» dice Frida Kahlo in questo drammatico monologo tutto in prima persona in cui racconta la sua vita, i suoi incontri, i suoi dolori. Affetta da poliomelite fin da piccola, a diciotto anni vittima di un incidente che la renderà sterile e schiava di busti, alcol e morfina, la pittrice messicana, protagonista della vita artistica degli anni Venti e Trenta, racconta attraverso le parole dello scrittore il suo rapporto con il corpo dilaniato e con le sue passioni: per la pittura, per Diego Rivera e per la causa rivoluzionaria. Lo scrittore ripercorre la vicenda umana e politica di questa donna travagliata le cui scelte controcorrente fanno ancora oggi discutere, sullo sfondo della storia messicana e del controverso rapporto con il più maturo e famoso Diego Rivera, autore di opere che raccontano ancora oggi crimini e conquiste, rivolte ed ingiustizie di un’umanità dolente. Figlia della rivoluzione messicana del 1910 che aveva affermato «i valori delle radici indigene accanto a quelli della modernità nella sua accezione più positiva», con Diego Rivera, anche segretario generale del partito comunista messicano, lascerà il partito ed entrambi appoggeranno l’arrivo di Trotskj. Frida e Messico: un binomio profondo narrato con uno stile intenso e drammatico, secco ed essenziale, spesso duro. Tra rabbia e stanchezza, malinconia e tristezza si snodano i ricordi delle delusioni politiche e personali. Molto intense le pagine sulla vestizione di Frida che con busti, monili, orecchini, anelli e collane fino a sembrare una dea atzeca, si prepara alla «partenza»: «Una bomba avvolta da nastri di seta» disse il poeta Andrè Breton.
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PINO CACUCCI, Viva la vida!, Feltrinelli, Milano 2010, pp. 80, 8 euro
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