Che nel pezzo di roccia più meridionale d’Italia ci sia un avamposto leghista, era già noto. Ma che questo convivesse con un viceparroco della Tanzania, con i tunisini giunti nei giorni scorsi e tanti personaggi arrivati dall’Africa e lì rimasti, non si sapeva oppure si poteva immaginare soltanto. Di Lampedusa, in realtà, si sa pochissimo. Il merito del libro di Fabio Sanfilippo e Alice Scialoja è proprio quello di dare connotati all’isola e volti ai residenti. Dopo il braccio di ferro prima e l’accordo poi tra Roma e Tripoli che sanciva la politica dei respingimenti in mare criticata aspramente dalle Nazioni Unite, il flusso di immigrati clandestini è adesso ripreso sotto la spinta delle rivoluzioni del maghreb. Ma al di là di quanto accade negli uffici dei governi, ieri come oggi Lampedusa non tradisce la vocazione alla solidarietà. E ieri come oggi gli “stranieri” socializzano con i lampedusani: passeggiano per le vie del centro, ti raccontano le storie delle loro vite fatte di violenza e miseria, giocano a calcio con i lampedusani. Dopo quanto accaduto nel Maghreb, in poche ore sono arrivati migliaia di profughi e dunque ha riaperto il Centro di accoglienza e l’isola, dopo due anni di calma apparente, è stata di nuovo invasa. Se l’urto viene retto è anche grazie alla popolazione residente. Con gli immigrati si torna anche a parlare di business, quelli che il libro mette a nudo. Pochi conoscono i meccanismi che ruotano intorno al fenomeno dell’immigrazione, e meno ancora quelli che conoscono ciò che avviene a Lampedusa, la
vita di ogni giorno. La conosce un po’ quella comunità di settentrionali che l’ha colonizzata una ventina di anni fa, che (solo) in estate riempie i charter trasformando la chiusa inflessione simil-siciliana degli isolani in vocali aperte dal tono leghista. La conoscono poco i siciliani: troppo lontana perfino da Agrigento, nove ore di traghetto e mare troppo aperto per raggiungerla in aliscafo. La conosce ancora meno il resto degli italiani: l’hanno scoperta quando Gheddafi anni fa lanciò due missili che conclusero la loro parabola a pochi metri dalla costa dell’isola. E l’hanno riscoperta con l’immigrazione, identificandola con il fenomeno, perché Lampedusa è intercettata da tutte le carrette del mare che dal Maghreb risalgono il Mediterraneo in cerca del sogno, l’Occidente. Per gli italiani Lampedusa significa “quasi- Africa”, l’enorme Cie e nient’altro. Ma a Lampedusa, minuscolo e paradossale crocevia culturale e sociale tra due continenti, tra il Nord e il Sud del mondo, ci vivono anche. E questo fanno Sanfilippo e Scialoja: raccontano l’isola conducendo un’appassionante inchiesta giornalistica che da voce a chi “é” l’isola e non vi transita o ne discute soltanto. Dunque, la senatrice leghista Angela Maraventano vicesindaco di Lampedusa e Linosa, i rappresentanti delle organizzazioni che hanno operato sul posto, come Msf, Unhcr, Legambiente; il viceparroco tanzanese; Mourad sopravvissuto a un viaggio che ha disseminato morti nel mare dal Marocco. Una figura sugli altri é Adelina l’ostetrica, simbolicamente la madre di tutti, visto che a Lampedusa ha fatto nascere tutti. Ma qui c’é anche il problema delle scuole (poche) e delle case (troppe), cioé di un abusivismo edilizio che sfregia la bellezzadel posto. In questo ambiente si innesta l’immigrazione, che si rivela in alcuni casi anche un losco affare. «Persino dietro l’accoglienza più premurosa rischia di nascondersi il malodore di un business collegato», puntualizza il giornalista Andrea Vianello nella prefazione. Un esempio: circola da tempo una insistente voce in base alla quale i minorenni non scompaiono dall’isola, semplicemente vengono fatti fuggire. Per business». Il libro è per il giornalista Carlo Bonini (che ne ha scritto l’introduzione) «una luce nel buio pesto» che racconta «un’isola ridotta a discarica di corpi, cose e barche».
---------------------------
FABIO SANFILIPPO - ALICE SCIALOJA, A Lampedusa. Affari, malaffari, rivolta e sconfitta dell’isola che voleva diventare la porta d’Europa, Infinito, Roma 2011, pp.168, pp. 13 euro