Le lettere di Elsa, fra sogni e poesia

L’amore per Alberto Moravia, sposato nel 1941, dal quale si separò 20 anni dopo, rimanendo sempre profondamente legata a lui. L’innamoramento folle per Luchino Visconti e per il giovane pittore americano Bill Morrow. Elsa Morante ha amato tanto, in modo speciale e misterioso ed è stata a sua volta molto amata. È quello che ci restituiscono le lettere di e alla scrittrice raccolte dal nipote Daniele Morante, con la collaborazione di Giuliana Zagra, nel prezioso libro L’amata, che non poteva avere titolo più azzeccato. D’altra parte è la stessa autrice de L’isola di Arturo (Premio Strega nel 1957), de La storia e di Aracoeli a parlare, in una lettera a Luisa Fantini del 20 maggio 1937, del lavoro e dell’amore come delle «sole cose che sono vere e che maturano da sé fatalmente se non si cercano con avidità e rabbia». «Il primo - dice Morante - è forse la cosa più vera e se si crede in lui senza fretta né smanie finisce sempre per mantenere le sue promesse. Il secondo arriva ma cercarlo è inutile e volerlo anche...». Pubblicato da Einaudi per il centenario

della nascita della scrittrice, il 18 agosto 1912 a Roma, L’amata raccoglie circa 600 testimonianze, per la maggior parte inedite, tratte da un archivio di oltre 5mila documenti e da 300 lettere di Elsa acquisite successivamente dai destinatari. Conosciamo così la Morante più intima e meno conosciuta, fuori dagli stereotipi che vengono sempre riproposti. Moravia la chiama «Elsina» in più di una lettera e nel 1950, ma la data è incerta, le dice: «Ancora oggi tu sei la persona come ti dissi ieri, che amo di più al mondo e alla quale sono più attaccato e non voglio separarmi da te». E lei scrive: «caro Alberto, mi provo a essere forte e a lavorare ma poi mi viene la disperazione e penso di lasciare tutto e di correre dove sei tu». A Luchino Visconti nel 1952, data sempre incerta, dice invece facendo riferimento anche ai suoi amati gatti: «Come ti hanno scritto i gatti nella loro lettera, tu hai voluto che noi fossimo estranei». Nell’epistolario, che segue in sostanza un criterio cronologico, «chi ha avuto una corrispondenza - e una corrispondenza significativa - con Elsa si troverà rappresentato» sottolinea Daniele Morante e spiega: «Mentre chi - per qualsivoglia motivo - non l’ha avuta, non vi si troverà rappresentato». E questo è il motivo per cui molti degli amici più cari e intimi della Morante non si trovano nella raccolta. Particolare, il caso di Pier Paolo Pasolini: ci sono solo le lettere della Morante che parla di lui come di «un azteco» e di una Magnani «splendida» in Mamma Roma ma non ci sono lettere dello scrittore e regista a Elsa. Ci sono invece missive del poeta Dario Bellezza che dice alla Morante: «Volevo sentire la tua voce squillante, bella e roca, perché, non ti mettere a ridere, io sono sempre stato innamorato di te» e c’è anche il carteggio fra la scrittrice e il bello e aristocratico ragazzo inglese che si firma R.T.M., oltre a quello con Adriano Sofri che è la testimonianza di una grande amicizia e una profonda riflessione sul suo significato e sul valore dei libri della Morante. Ogni scambio epistolare rivela un aspetto nuovo della scrittrice come quelli con Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Giacomo e Renata Debenedetti, Francesco Leonetti, Goffredo Fofi, Tonino (Antonio) Ricchezza e Hans Werner Henze. Manoscritti e documenti ancora inediti, fra cui il romanzo incompiuto Nerina e la poesia per la morte di Pasolini, o mai ripubblicati si trovano alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma che oggi e il 21 novembre dedica un seminario di studi alla scrittrice e dove fino al 31 gennaio si può vedere la mostra ‘Santi, Sultani e Gran capitani in camera mia. Inediti e ritrovati dall’Archivio di Elsa Morante che si apre con i due quaderni scritti dalla Morante fra i cinque e gli otto anni e si chiude con le ultime righe scritte su un quaderno pochi mesi prima di morire.

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DANIELE MORANTE (a cura di), L’amata - lettere di e a Elsa Morante, Einaudi, Torino 2012, pp. 663, 30 euro

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