Quanta letteratura abbiamo consumato sul tema della povertà, della disperazione, dell’immigrazione, della mafia, del degrado? Ma le storie che Giosuè Calaciura propone qui sono destinate a durare nelle vite dei lettori perché non hanno l’evanescenza dei concetti, ma la forza delle persone: i loro sguardi, i loro corpi. Sono storie di naufragi e di approdi, metaforici e reali; storie di un mondo, quello dell’opulenta Europa, che «sa consolare gli orfani», ma non sa proteggere le madri, di un Occidente che dice di sé quello che non è. Un mondo che molto spesso arriva in ritardo e che ai sopravvissuti finisce per offrire in eredità gli stracci dei morti. Eppure, questi racconti senza fede, la cui trama si intesse di immagini liriche e insieme di strazio quotidiano, pongono un tema che sembra non rinviabile: se non c’è possibilità di credere in Dio, ce ne sono molte per innamorarsi di Dio. Un’eresia che era in qualche modo già presente nell’ultimo romanzo dello scrittore palermitano, Urbi et orbi, un libro visionario pubblicato nel 2006, che anticipava gli intrighi vaticani.
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Giosuè Calaciura, Bambini e altri animalì, Sellerio, Palermo 2013, pp. 119, 14 euro
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