Fra narrazione, diario e cronaca degli anni passati, ricca di considerazioni e mossa da un’attenzione senza ordine, che obbedisce non solo all’anamorfosi della memoria, ma a un’urgenza poetica, questo volume di Pezzaglia corona le precedenti raccolte di poesia. Guido Oldani così ne delinea alcuni passaggi: «Sembra di leggere, nel testo di Paolo Pezzaglia, la manzoniana provvida sventura. Gli batte in petto la metrica poetica. La sua famiglia però ne fa un bocconiano, dirigente della prestigiosa industria propria. Nell’Italia in cui i finanziamenti pubblici vanno dove vanno e in cui le banche sono quel che sono, non c’è posto per la libera genialità. Perseguiti e perseguitati, il gioiello industriale se ne va. Ora, in un prossimo aldilà, dopo una caduta sportiva, Pezzaglia viene un po’ buffamente giudicato….». Al lettore il compito di scoprire la fine della narrazione, ma la visione di Pezzaglia si conferma non “solo tolemaica” ma anche ricca di scarti e spiazzamenti.
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Paolo Pezzaglia, La mia fabbrica per una poesiaMursia, Milano 2014, pp. 138, 15 euro
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