La storia di una strampalata famiglia tedesca, che ripercorre gli ultimi vent’anni di storia anche europea, dalla caduta del muro di Berlino, dove di fronte allo sgretolamento dei valori seguita alla fine del comunismo reale e alla apparente accelerazione economico-politica, si costruisce una sorte di piccola utopia fatta in casa. Senza moralismi e banalità, la vita quotidiana di due persone sin troppo diverse tra di loro, tra la logopedista e linguista proveniente da una famiglia borghese e l’artigiano che odora sempre di officina, è un elogio della lentezza, della comunità e della capacità pratica contrapposta alla società: quella società che resta sempre sullo sfondo e nella quale domina l’individualismo più sfrenato, che ama consumare freneticamente e vive solo in funzione del denaro.
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Birgit Vanderbeke, Si può fare, Del Vecchio Editore, Roma 2013, pp. 149, 13 euro
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