Una cavalcata tra gli orrori del Novecento

Una centenaria a Marsiglia, carattere difficile, grilletto facile, dalla lingua tagliente di chi ha saputo e dovuto vivere. Il romanzo di Franz-Olivier Giesbert La cuoca di Himmler è di quelli scomodi che non si dimenticano facilmente. Perché la protagonista, Rose non passa certo inosservata: «A poco meno di centocinque anni mi è rimasto un filino di voce, cinque denti buoni, una faccia da gufo e un odore non propriamente di violetta». Quando decide che è giunto il momento di scrivere la sua storia, Rose ha quasi centocinque anni, ma lo spirito è intatto, l’appetito per il cibo e per il sesso sempre vivace, il suo ristorante a Marsiglia più pieno che mai e la memoria pronta a sfornare ricordi ancora caldi di una lunghissima e rocambolesca esistenza. Rose, da brava cuoca, ha un olfatto straordinario. Ed è particolarmente sensibile al fiato degli uomini. Il suo incontro con Hitler, per il quale si trova a cucinare, si svolge su questo piano. «Il suo alito mi ha fatto fremere le narici. Penso di non aver sentito niente di tanto immondo, nemmeno lungo il fiume Trebisonda durante il genocidio degli armeni». Anche ora Rose se lo sente addosso. Perfino appena uscita dalla vasca da bagno: «La chiamano la colpa del sopravvissuto». Una vita che si è rivelata difficile fin dall’infanzia, la sua. Scampata per miracolo al genocidio armeno, è stata poi fatta schiava dai turchi.

Rose ha attraversato il Novecento tra la Turchia, la Provenza, Parigi, gli Stati Uniti, la Cina, e vissuto in prima persona il massacro degli armeni, la persecuzione degli ebrei, i deliri del maoismo; nelle mille tappe delle sue picaresche avventure ha servito cene spettacolari e funghi avvelenati, viaggiato con Simone de Beauvoir, premuto il grilletto della sua Glock 17 senza rimorsi, cucinato per Heinrich Himmler e per il Fuhrer, amato senza riserve e senza preconcetti, sostenuta da un solo credo: se la Storia è l’inferno, la vita è il paradiso. Lunga e variopinta è la lista dei suoi amori, così come quella di chi le ha fatto del male, custodita gelosamente fin da quando era bambina e spuntata un nome dopo l’altro, con orgoglio e inesorabile determinazione: perché solo la vendetta gustata fino in fondo permette di risollevarsi e rinascere. Perfino con Himmler, capo delle SS, è andata a letto nella vana speranza di ritrovare vivi i familiari. In compenso Rose non ha mai dimenticato i torti e quando le è stato possibile, anche a distanza di anni o decenni, ha ricambiato il male col male. Ammazzando i suoi carnefici. La cuoca di Himmler è una cavalcata attraverso gli orrori del XX secolo e le delizie di una vita vissuta appieno e assaporata fino all’ultimo boccone, nella voce di un personaggio irresistibile che si racconta con dolcezza, umorismo e con la straordinaria leggerezza di chi sa sorridere al passato e al futuro; un romanzo che ha commosso e divertito la Francia, dove è diventato un grande successo di pubblico e di critica. Franz-Olivier Giesbert, originario di Wilmington dove è nato nel 1949, vive in Francia da quando aveva tre anni. Giornalista politico, corrispondente dagli Stati Uniti, autore e presentatore televisivo, ha scritto per il «Nouvel Observateur», «L’Express» e «Le Figaro», è stato direttore di «Le Point» e ha firmato diversi romanzi.

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Franz-Olivier Giesbert, La cuoca di Himmler, Rizzoli, Milano 2014, pp. 336, 18 euro

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