
n Scheletri di cemento senza proprietari o inquilini. I capannoni deserti disseminati sul territorio sono quasi sempre gli stessi da anni. La lunga striscia di fabbricati che si sporge dalla tangenziale di Lodi (frazione San Grato) è l’esempio per eccellenza: costruzioni vuote dove l’erbaccia ha preso il sopravvento.
È sufficiente guardarsi intorno nelle aree artigianali del Lodigiano per trovare altri casi, del resto si tratta di un mercato “bloccato” da anni.
«Il costo si aggira intorno agli 800 euro al metro guardato - spiega uno dei professionisti del settore immobiliare, Massimiliano Lingiardi, un dato confermato dall’indagine svolta dalla Camera di commercio di Monza e Brianza -, per strutture di nuova costruzione non completate, ovvero senza uffici e impianti. Le compravendite sono ferme da 4 o 5 anni, prima si riuscivano a vendere almeno i tagli più piccoli».
La crisi ci ha messo sicuramente lo zampino, secondo l’Unione artigiani negli ultimi anni la percentuale di lodigiani che ha deciso di investire sui capannoni si è ridotta del 10 per cento. Allo stesso tempo, però, molte costruzioni realizzate nel Lodigiano sono rimaste vuote perché incapaci di soddisfare le esigenze della categoria. Come dimostrano i fabbricati lungo la tangenziale di Lodi: troppo grandi per le piccole attività.
«Sarebbero sufficienti superfici di circa 400 o 600 metri, almeno nella maggior parte dei casi - afferma Mauro Sangalli, segretario dell’associazione -. Da quello che abbiamo potuto constatare attraverso la nostra esperienza, la formula che proponiamo per il futuro è quella della cooperativa, il primo insediamento Pip lo abbiamo realizzato proprio attraverso una coop. Questo permette di avere dei vantaggi, prima di tutto perché si costruisce partendo dalle richieste e poi perché i prezzi non sono esorbitanti. Inoltre, il consiglio di amministrazione sarebbe composto da persone del settore e si potrebbe persino sfruttare un contributo regionale».
Vittorio Boselli, segretario di Confartigianato, spiega che la situazione su tutto il territorio provinciale è molto variegata. «Tra Casale e Codogno il panorama è squilibrato - dichiara -, la Mirandolina, per esempio, resta una zona appetibile, anche se il rischio legato alla criminalità la rende vulnerabile. A Casale ci sono capannoni invenduti o non affittati in aree che però sono ammalorate. A Sant’Angelo, invece, alla Malpensata o nella frazione di Maiano, il quadro non è particolarmente critico».
Per il segretario, però, non è solo una questione di prezzi, specialmente per gli artigiani.
«Non si sceglie solamente in base ai costi - sottolinea Boselli -, ma anche in base alla pezzatura, per un’attività artigiana servono spesso poche centinaia di metri. Un titolare considera poi se la zona è ben integrata e ben accessibile, se c’è un’ottima visibilità. Da questo punto di vista invito i comuni a ragionare di più con le associazioni di categoria per intervenire in modo efficace».
Soprattutto in questo momento, in cui la voglia di investire dei piccoli e medi artigiani è bassa.
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