«Non ci siamo assolutamente dimenticati dell'omicidio del carabiniere Giovanni Sali e al momento potrebbe esserci una pista privilegiata». Il procuratore capo della Repubblica di Lodi, Vincenzo Russo, rompe per un attimo la linea del riserbo che l’ufficio inquirente si è imposto già poche ore dopo l’omicidio del carabiniere di quartiere, più di cinque mesi fa, e si lascia anche sfuggire una riflessione: «Chi è stato dovrebbe cominciare a tremare». Nel merito dell’inchiesta, poco, perché il lavoro è in una fase decisiva.
«Tecnicamente sono ancora oggi indagini a 360 gradi ma l’attività a largo raggio che fin da subito la procura di Lodi e i carabinieri avevano avviato può dare, lo speriamo tutti, risultati fruttuosi - aggiunge il procuratore Russo -; l’impegno è sempre stato massimo e non è stata trascurata nessuna delle possibili piste». Il magistrato confida che l’omicidio del pomeriggio del 3 novembre in via del Tempio l'aveva colpito anche quando si trovava ancora alla guida della procura di Foggia: «Un fatto che mi ha impressionato, non solo perché sapevo che presto sarei arrivato a Lodi, ma ancora di più perché la vittima è un carabiniere. Voglio ribadire che la procura è vicina ai familiari, e che dare una risposta a un crimine così grave è un dovere assoluto». Fonti vicine agli inquirenti nei giorni scorsi avevano specificato che il fatto che apparentemente non ci sia più la “militarizzazione” della città notata nelle settimane successive alla morte per arma da fuoco del carabiniere di quartiere non significa assolutamente che non ci siano indagini “sotto traccia” e che anche nelle prime ore era stato fatto moltissimo.
I reparti speciali dell'Arma, ros e ris e anche un “profiler” specializzato in analisi criminologiche, erano scesi in campo ancora prima che si capisse che non sarebbe stato un caso facile da risolvere. E nelle cronache ai tempi solitamente brevi delle indagini tradizionali sempre più spesso si affiancano quelli lunghi delle investigazioni basate sugli elementi tecnici e scientifici, che possono a loro volta arrivare a elementi d’accusa solidi e a volte perfino a certezze. Sali potrebbe essere stato ucciso dalla sua stessa arma, impugnata da una persona esperta e incredibilmente fredda, che lo ha sorpreso o di cui Sali si fidava.
Quale sia la pista, il procuratore per ora preferisce non rivelarlo. È comunque lui a coordinare l’inchiesta, forte anche dell’esperienza sui fatti di sangue maturata in Puglia, affiancando Armando Spataro e Giampaolo Melchionna. Tra l’altro il procuratore intende chiedere un’ulteriore proroga dell’applicazione di Spataro a Lodi, dove opera da mesi come sostituto in attesa della nomina alla guida di una procura che potrebbe essere quella di Parma.
Carlo Catena
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