Codogno, ex operatrice dell’Agenzia delle entrate condannata a tre anni e due mesi
L’accusa: compilava le pratiche di successione degli utenti che la ringraziavano con regali
Anche se con una riduzione della pena di 7 mesi, per la prescrizione di due episodi risalenti al 2012, la Cassazione ha confermato la condanna che era stata inflitta a inizio 2020 dal tribunale di Lodi a una dipendente dell’Agenzia delle entrate, all’epoca dei fatti in servizio a Codogno, poi trasferita, accusata di accesso abusivo a sistema informatico e di corruzione. La pena finale è di tre anni e due mesi. A seguito di una lettera anonima era scattato un audit interno ed erano emerse una trentina di dichiarazioni di successione che apparivano compilate a mano con la sua scrittura. Dalle indagini era emerso che, in occasione di quelle dichiarazioni, la donna effettuava ricerche al terminale su posizioni fiscali collegate, ma prima che le dichiarazioni venissero ufficialmente presentate. Il processo aveva ridotto a una decina gli episodi penalmente rilevanti: secondo l'accusa, quando gli utenti si presentavano per le dichiarazioni di successione, la donna si offriva di aiutarli, raccogliendo le informazioni fiscali necessarie, direttamente dall’Anagrafe tributaria. Un onere che invece per legge spetta all’utente, che solitamente per evitare errori preferisce incaricare Caf, notai o commercialisti, e che peraltro alla banca dati tributaria non possono accedere direttamente. Secondo la sentenza di primo grado, quindi, di fatto la donna avrebbe svolto “attività privata di consulente esterno”. La dipendente delle Entrate sarebbe stata poi compensata con regali o “mance”, da qualcuno, secondo l’accusa, per importi da meno di 100 e fino a 500 euro. La donna si è sempre professata non colpevole e anche nel ricorso per Cassazione, attraverso i suoi legali, ha sostenuto che in realtà i suoi accessi all’Anagrafe tributaria in occasione delle denunce di successione sarebbero stati solo finalizzati a verificare la correttezza delle dichiarazioni presentate dagli utenti, come peraltro concesso da una circolare dell’Agenzia delle entrate. Tra l’altro gli utenti che avevano dato mance o regali, a loro volta finiti indagati, erano stati invece prosciolti: secondo la difesa, una corruzione senza corruttori che sarebbe un controsenso giuridico.
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