«Colizzi presidente. E il rinnovamento?»

Sull’imminente nomina del presidente del consiglio comunale riceviamo un contributo di Francesco Cancellato, disponibili ad accogliere ulteriori interventi sull’argomento.

Sull’imminente nomina del presidente del consiglio comunale riceviamo un contributo di Francesco Cancellato, disponibili ad accogliere ulteriori interventi sull’argomento.

Quasi cinquecento persone, qualche settimana fa, si sono candidate per ricoprire il ruolo di Consigliere Comunale. Sono persone che, in una fase di crisi, hanno messo la loro faccia, la loro testa e il loro tempo per provare a rendere migliore la qualità della vita dei loro concittadini. Molti fra loro, sono giovani. Il loro impegno ai miei occhi ha fatto da contrappeso al diffuso calo dei votanti. Se la disillusione è il nemico da battere, pensavo, queste ragazze e questi ragazzi sono la medicina. Il loro entusiasmo, concludevo, è il granello di speranza attraverso cui sperare di ricostruire una politica, se non entusiasmante, perlomeno credibile.

Di quei cinquecento, ne sono entrati in Consiglio trentadue. Molti di loro sono giovani, sovente alla prima esperienza. Non sono ingenui, intendiamoci: sanno che Babbo Natale non esiste, che le risate nei telefilm sono finte, che con l’autotune anche Britney Spears può sembrare intonata e che il Consiglio Comunale non è esattamente quel che racconta Wikipedia, ossia – aperte le virgolette – “l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del comune”.

Non sempre è stato così. Un tempo il Consiglio Comunale era il luogo in cui il Sindaco veniva scelto e nominato. Allora il Sindaco lo presiedeva pure. Ed i rappresentanti dei cittadini, i Consiglieri Comunali, erano coloro che promuovevano o bocciavano il programma di mandato, che facevano proposte, che rimandavano al mittente ordinanze sgradite, anche dai banchi della maggioranza. Avere contro il Consiglio Comunale, per il Sindaco, era un problema serio. Ora c’è l’elezione diretta. Il Sindaco, investito di un mandato popolare, è molto più forte dei partiti che lo sostengono e del Consiglio stesso, che peraltro è stato contemporaneamente svuotato di molte delle sue antiche prerogative. Per dire: ora nemmeno può dire la sua sul Documento Programmatico del Sindaco e della Giunta. Può solo “prenderne atto”.

Io, da “candidato trombato” per un pugno di voti (2005) non ho mai avuto il piacere di far parte del Consiglio Comunale. Qualche rara volta mi è capitato di assistere alle sedute. Il più delle volte mi è stato raccontato da amici consiglieri o dai comunicati stampa del Comune stesso. La mia impressione – sbagliata, forse, ma sicuramente condivisa con molti “insider” – è sempre stata quella di un luogo in cui si prova a proporre qualcosa, si discute, si litiga, ci si manda a quel paese, ma che, nei fatti, non decide e non conta un bel nulla. Non contano nulla o quasi i Consiglieri di maggioranza, che devono semplicemente limitarsi a ratificare le decisioni prese dalla Giunta e controfirmate dalle riunioni tra i capigruppo. Contano ancor meno i consiglieri di minoranza, che per quanto possano trovare qualche soddisfazione in più nel “cantarle” al Sindaco o a un Assessore, sono consapevoli che tali soddisfazioni sono quanto di più fine a se stesso si può trovare in politica. Col corollario che chi non ama le soddisfazioni fine a sé stesse – specie quando collidono con il proprio tornaconto personale – cede talvolta alla tentazione di saltare dall’altra parte della staccionata e di diventare un onesto pigiatore di “voti favorevoli”.

Domanda insidiosa: è così solo da noi? Oppure da qualche altra parte nella galassia esistono Consigli Comunali aperti e partecipati, che propongono e che discutono sul serio, in cui i consiglieri di maggioranza giocano di squadra senza essere soldatini e in cui l’opposizione ha armi per far cambiare idea all’amministrazione? Così fosse, forse il fatto che a Lodi ciò non avviene è anche legato a come il Consiglio viene interpretato e, conseguentemente, gestito. In questo, il Presidente del Consiglio Comunale, se lo sa usare, ha parecchio spazio di discrezione e manovra. È lui che concede la facoltà di parlare, dirige e modera le discussioni, pone e precisa i termini delle proposte da discutere e da votare, stabilisce il termine della discussione e l’ordine delle votazioni, mantiene l’ordine nella Sala consiliare e ha facoltà di sospendere o chiudere la seduta. Soprattutto, è lui che mantiene il coordinamento con il Sindaco ed i diversi Settori dell’ Amministrazione. Il rapporto tra Presidente del Consiglio Comunale e Sindaco, in altre parole, è cruciale per definire l’interpretazione del ruolo del Consiglio. Se il rapporto è dialettico, il Consiglio conta qualcosa. Se il rapporto è di forte contiguità e affinità nella linea politica, il Consiglio può essere di fatto anestetizzato.

Quale fosse il rapporto, negli scorsi mandati amministrativi, tra il Sindaco Lorenzo Guerini e il Presidente del Consiglio Comunale Gian Paolo Colizzi è cosa nota. Foste appena tornati da una vacanza su Alpha Centauri, vi basti sapere che la lista che Colizzi ha presentato a sostegno di Simone Uggetti nelle ultime elezioni era denominata “Nel Solco di Guerini”. Un rapporto stretto, quindi, con reciproche convenienze. Colizzi, talmente figlio della Prima Repubblica da esserne quasi una caricatura vivente – era del PSDI. Sì, esisteva davvero - aveva il ruolo di machiavellico tessitore che fa e disfa, blandisce e minaccia, divide e impera. Guerini, dal canto suo, aveva a disposizione un Consiglio Comunale, diciamo, docile. Tutto giusto e perfettamente legittimo, intendiamoci. In un’epoca in cui la BCE ci detta per lettera le politiche economiche e in cui il Governo fa le leggi a colpi di voti di fiducia, il problema della piena sovranità di un’assemblea comunale è quantomeno relativo.

Tuttavia – e torno al punto iniziale - tra qualche giorno si insedia un Consiglio Comunale rinnovato, giovane, entusiasta, uscito da una tornata elettorale in cui l’astensionismo ha raggiunto livelli da record. Vogliamo spegnere anche questa fiammella di entusiasmo? Vogliamo mostrar loro che rappresentare la propria città in un assemblea elettiva non conta nulla? Vogliamo trasformare qualche idealista – o semi tale – in un cinico disilluso? Non abbiamo che da cloroformizzare il Consiglio Comunale.

Lo dico consapevole del fatto che, con ogni probabilità, Gian Paolo Colizzi sarà ancora il Presidente del Consiglio Comunale, alla faccia del rinnovamento, della contendibilità e del ricambio nelle cariche pubbliche, cose che – lo dico ai miei amici politici – alla gente comune pare interessino, laggiù sul pianeta Terra. Lo sarà per il quarto mandato amministrativo consecutivo. È una carica che ama ricoprire, che gli dà legittimità e ruolo all’interno della maggioranza e che esalta le capacità politiche di cui dispone. Mi auguro che abbia l’intelligenza e la lungimiranza per capire che al Consiglio, oggi più che mai, vanno offerti altrettanta legittimità e ruolo e che va messo in condizione di poter offrire il meglio che ha, anche quando ciò non collima con le opinioni di chi guida la locomotiva. Mi auguro che i vertici della maggioranza di centro sinistra – che abbiano sostenuto o subito questa sua candidatura - glielo ricordino quanto più possibile. E mi auguro, soprattutto, che i Consiglieri non si presentino in Consiglio già addomesticati, per far risparmiare tempo e fatica al domatore.

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