COVID «Riempiamo le piste da sci ma svuotiamo le scuole»
Le parole del rettore del Collegio San Francesco di Lodi contro la Didattica a distanza
Lunedì riprende la scuola, per coloro che non l’hanno iniziata il 7 gennaio e con tristezza dobbiamo constatare che il «previsto ci coglie di sorpresa» come argutamente ha sottolineato Aldo Grasso, lasciandoci più sbigottiti che mai.
Terze dosi, mascherine, sforzi immani per distanziamenti e igienizzanti, vaccini over 12 e ora anche under, e qualcuno si permette di parlare ancora di scuole chiuse, di Dad mentre le classi negli ultimi mesi si sono riempite e svuotate secondo la tragica fisarmonica dei contagi. L’impressione è che della scuola non importa niente a nessuno, così come dei ragazzi.
Anche gli operatori della scuola sono disorientati, impegno e attenzioni buttate alle ortiche e mai che si sia chiuso un supermercato! Pecunia non olet, direbbero i latini.
Scuola e università sono spaesate, calpestate, sacrificate sempre e comunque. Abbiamo salvato ristoranti e bar, viaggi e corridoi sicuri per paesi esotici, negozi ed estetisti, abbiamo riempito piste da sci, piazze, alberghi, ma scuola e università devono essere chiuse mentre nell’opinione pubblica e anche in alcuni operatori della scuola risale un’insana voglia di DaD, panacea dell’umanità pandemica. Addirittura siamo al delirio della DaD preventiva.
Non bastano e non sono bastate le ricerche, i dati e l’esperienza che ci ha mostrato il tracollo della salute psicofisica dei ragazzi e le fatiche d’apprendimento. Lo smisurato aumento e, non solo in fase adolescenziale, di disturbi comportamentali e mentali, l’aumento vertiginoso dell’autolesionismo e dei suicidi, l’accesso per patologie ai reparti di neuropsichiatria infantile con aumenti del 100%, senza contare gli stati d’ansia, le cure a psicofarmaci e l’aumento verticale degli abbandoni scolastici.
Tinte troppo fosche? Mi sembrano dati di realtà non eludibili. Restano, al solito, i fatti contro cui gli argomenti possono poco. Nelle ultime settimane i contagi sono cresciuti in modo vorticoso; ma basta considerare l’aumento esponenziale dei contagi a scuole chiuse per chiudere le scuole?
A due anni dall’inizio della pandemia, senza dimenticare che il nostro Paese ha tenuto le scuole chiuse più a lungo di qualsiasi altro paese europeo, si torna a scaricare l’emergenza sanitaria sulle spalle di ragazzi e delle loro famiglie. Sulle spalle della scuola riecco la gestione pratica della pandemia, invocando a piena voce la didattica a distanza e le scuole chiuse. Ma la DaD, con i suoi pochi pregi e i molti difetti, non può e non deve essere la soluzione dei problemi logistici e organizzativi della pandemia.
Il Governo, che pure anelando alla normalità decide l’abolizione della quarantena per i vaccinati con booster, fa la voce grossa ma rischia di fermarsi alle buone intenzioni, a grida manzoniane, a fornire un indirizzo formale e non sostanziale. ATS in tilt o ampiamente inadempienti, tracciamenti mai operati e bollettini medici e ospedalieri a favore di telecamere, mentre le Regioni lasciano a sè stessi gli utenti e li obbligano a indegne caccie al tesoro per un tampone o per un certificato. I medici di base: missing in action; e se il medico è ammalato i sostituti sono una chimera che annega in una burocrazia contraddittoria. La fotografia della realtà lascia esterrefatti.
Come viene garantito il diritto costituzionale all’istruzione? In quale equilibrio con il diritto alla salute? La scuola è un bene essenziale? Le domande si moltiplicano mentre nella selva dell’opinionismo siamo diventati un paese di virologhi e di pedagoghi.
Noi donne e uomini di scuola siamo affaticati e anche disorientati, quando non sconcertati. Sono disorientati anche quegli adulti e anziani che con sacrificio hanno limitato visite, cene con i parenti, un saluto affettuoso per il Natale per Capodanno. Anche di questo sono stati scippati. Neanche la pandemia ci ha insegnato la cautela o almeno il rispetto per gli altri. Qui si filosofeggia di diritti e libertà, mentre si sacrifica all’idolo della libertà assoluta del singolo, della non discriminazione. Non si tratta di discriminare chi agisce diversamente qui si tratta di ristabilire il senso delle cose e di non discriminare chi segue le regole oltre al buon senso. Di non discriminare chi ha a cuore il vivere comune e civile, il bene condiviso, chi non si lascia irretire dalle sirene dell’egoismo.
La scuola è un servizio essenziale, come le forze dell’ordine, come gli ospedali. Chi vorrebbe il controllo del territorio virtuale, fatto da telecamere e microfoni per dissuadere chi delinque? In ospedale funzionerebbe la vigilanza virtuale? Nessuno, sano di mente, riterrebbe soluzione praticabile la chiusura degli ospedali per un paio di settimane cosicché la curva dei contagi diminuisca un po’.
Se la scuola chiude, spegniamo i ragazzi, chiudiamo il presente e il futuro del Paese intero. Giù le mani dalla scuola!
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