
Il percorso di difesa è quasi completato. Dal 2002, anno in cui l’esondazione dell’Adda mise in ginocchio la città bassa, a oggi molto si è fatto per proteggere le zone più a rischio, in alcuni casi anche a discapito dell’estetica del paesaggio. «Ma bisogna stare attenti a dare subito giudizi e a innamorarsi di soluzioni semplici che non possono essere attuate. Tra coloro che per anni hanno portato avanti l’idea delle escavazioni in alveo, una delle soluzioni più gettonate dopo la piena del 2002, c’era un signore a carico del quale ho fatto una ricerca su Internet. Secondo voi che lavoro faceva? L’avvocato, il dentista? No, il cavatore». Così l’ingegnere idraulico Silvio Rossetti ha concluso la sua relazione nell’ultima giornata del Festival dell’ingegneria, in scena sabato mattina al castello Morando Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano.
Nello specifico, Rossetti ha parlato della “protezione idraulica della città di Lodi”, tema sempre di strettissima attualità considerata anche la paura dello scorso anno, quando per qualche giorno la città tremò per il rischio di una nuova piena, come ha ricordato in apertura Lorenzo Rinaldi, giornalista del «Cittadino» e moderatore dell’incontro.
Rossetti ha spiegato i motivi per cui si possono verificare le piene e i provvedimenti adottati per arginarle. «Innanzitutto bisogna dire che i fiumi si muovono, si verifica la cosiddetta divagazione planimetrica. Il fiume lavora continuamente ed erode, il salto di meandro è naturale». La difesa può essere attiva o passiva. Tra le soluzioni attive, ci sono le vasche di laminazione (un’opera idraulica volta alla realizzazione di un ampio bacino scavato in profondità per permettere il contenimento delle acque), i “bypass” (condotte fisse che abbattono la portata delle acque) e la rimozione degli ostacoli sul percorso del fiume, operazione difficile nel caso di strutture storiche e fisse come il ponte “napoleonico”.
Per ciò che concerne le difese passive, le operazioni sono quasi ultimate: sono stati costruiti gli argini artificiali dalla zona ex Sicc fino alla Colonia Caccialanza, in area Isola Bella e dal ponte alla provinciale di Montanaso, alternando sponde e terrapieni. «La gente si è lamentata molto durante il cantiere – continua Rossetti -, ma io credo che una volta completati tutti i lavori l’impatto non sarà così male come si pensa ora». L’incontro si era aperto con “Il mantenimento dell’equilibrio idrico territoriale”, relazione tecnica a cura di Ettore Fanfani, direttore del Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana. Fanfani ha spiegato che dal 2002 l’organizzazione «ha fatto passi da gigante» attraverso gli studi sul clima e sul territorio, concludendo che «l’unico lavoro a impatto zero è quello che non si fa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA