È di Codogno uno degli assassini

Un pensionato ammazzato con brutalità a Milano, fatto a pezzi su un telo di plastica per farlo entrare in una valigia con le ruote, quindi gettato in un cassonetto a Lodi. A Piacenza, la tappa finale del macabro viaggio, per liberarsi dei vestiti imbrattati di sangue. I due presunti assassini sono già in cella, gravati da una richiesta di fermo per omicidio volontario aggravato: hanno 30 e 31 anni, uno piacentino, l’altro di Codogno, sono incensurati e sono incappati verso le 5 di ieri mattina in una volante della polizia. Qualcuno, nel quartiere Il Capitolo, aveva sentito dei rumori sospetti e per questo ha chiamato il “113”: i poliziotti hanno trovato i due che si stavano cambiando e avevano gettato dei vestiti sporchi di sangue in un cassonetto. Tanto è bastato per farli finire in questura dove sono stati messi sotto pressione. Della vicenda è stato immediatamente informato il dirigente della squadra mobile di Piacenza, Salvatore Blasco, che pur essendo in ferie ha coordinato i suoi uomini. Ha chiesto di verificare tutto e si è scoperto che un computer portatile che i due avevano nelle loro disponibilità era in realtà di una terza persona: un professore universitario in pensione, Adriano Manesco.

Milanese, era stato compagno di liceo di Silvio Berlusconi, ed era il primo della classe. Non aveva però mai partecipato alle “rimpatriate” organizzate dal magnate delle tv private e premier, e uno dei motivi è che si era trasferito a lavorare a Taiwan, l’isola della Cina dalla mentalità particolarmente aperta. Sembra che il portatile, sottoposto a un primo accesso dagli investigatori, conservasse traccia di diversi contatti con la Thailandia. Forse i due avevano deciso di farlo sparire perché conteneva tracce di contatti anche con loro.

A questo punto, come richiesto dal pm di Piacenza Antonio Colonna, è stato ispezionato anche un appartamento, a Milano, con l’ausilio dei vigili del fuoco. Al 41 di via Settembrini, un isolato di distanza dalla stazione centrale: qui, dopo che si è scoperto che il professore non c’era e non si è trovato modo di contattarlo, sono scesi in campo anche gli investigatori della Mobile ambrosiana, che avrebbero trovato tracce di un fatto di sangue.

I due sospettati intanto rimanevano in questura a Piacenza a fornire giustificazioni poco plausibili delle circostanze nelle quali erano stati fermati: oltre ad aver gettato i loro abiti con estrema agitazione, al punto che erano seminudi quando i poliziotti li hanno notati, non hanno saputo spiegare perché avevano anche un telo di plastica insanguinato e alcuni coltelli.

Poi, ieri mattina, dopo sei ore di pressing, uno dei due ha fatto parziali ammissioni. E ha spiegato ai poliziotti che i resti del professore li avrebbero trovati in un cassonetto per i rifiuti, in una via vicino alla stazione ferroviaria di Lodi.

A questo punto sono iniziate le ricerche da parte della squadra mobile e della polizia scientifica lodigiana, senza trascurare nulla: agenti in borghese sono stati visti aprire diversi contenitori gialli della Caritas, e a un certo punto in via Gandini, in un bidone per il “secco”, qualcosa ha richiamato la loro attenzione. Sotto alcuni sacchi gettati nel corso della giornata c’era un trolley nero, di misura media, chiuso con del nastro marrone da pacco. All’interno, diversi sacchetti di plastica con i resti di un uomo. Sul posto anche il medico legale incaricato dal pm di Piacenza.

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