ESCLUSIVA «Anni di piombo, massacro inutile»
Bassano Rinaldi, 86 anni, storico segretario del Msi di Lodi, parla dopo l’inaugurazione di via Ramelli
«Ho incrociato per strada Bassano Rinaldi, ha ancora una memoria di ferro. Incontralo, gli farà piacere, ha tante cose da raccontarti». L’invito arriva dallo storico fotografo Pasqualino Borella, poche ore dopo l’intitolazione di una via di Lodi a Sergio Ramelli. Decisione che ha suscitato polemiche. Borella aggiunge: «È un uomo di destra, è stato segretario del Movimento Sociale negli anni di piombo, ma è persona per bene e intellettualmente onesta». E allora eccoci a casa di Rinaldi, originario di Brembio ma residente a Lodi, 86 anni ben portati.
Chi scrive è nato nel 1981, fortunatamente non ha conosciuto la sanguinosa stagione della violenza politica degli anni Settanta, l’ha studiata sui libri di scuola. E allora, prima di congedarci da Rinaldi, dopo una conversazione di un’ora e mezza, arriva la domanda più intima: “Rinaldi, ne è valsa la pena?”. «No - risponde senza esitazione - è stato un massacro inutile, quanto odio tra i giovani. Lodi non era Milano, ma negli Anni di piombo anche nella nostra piccola città la tensione era palpabile, si percepiva cattiveria».
Parole che sgombrano il campo e dalle quali partire, per riavvolgere il nastro della memoria. Ci aiutiamo con ritagli di giornale e fotografie in bianco e nero, che Borella, da fotoreporter di razza, analizza con l’occhio clinico. Il primo scatto ritrae Giorgio Almirante che porta a spalla la bara di Ramelli, nel cimitero di Lodi. Sulla destra un giovane Ignazio La Russa, in giacca, capelli lunghi e barba nera. Ramelli, studente, esponente del Fronte della Gioventù, è stato aggredito a colpi di chiave inglese il 13 marzo 1975 a Milano. È morto il 29 aprile. È sepolto a Lodi, da dove proveniva la sua famiglia. Rinaldi, lei lo conosceva? «L’ho visto una sola volta, era un ragazzino, era venuto da Milano a Lodi con la famiglia a trovare una delle zie, la zia Luigina, che era commessa nel negozio di drogheria di Ettore Bussoli, in corso Adda. Io ero lì perché Bussoli era consigliere comunale del Movimento Sociale». Si ricorda il giorno in cui venne aggredito, a Milano? «La notizia non si diffuse immediatamente a Lodi, anche perché a Milano episodi del genere in quel periodo erano all’ordine del giorno. Io però lo seppi subito, dalla zia e da Bussoli. L’opinione pubblica lodigiana è stata certamente scossa in occasione della sua morte».
Il corpo è stato tumulato a Lodi, nella tomba di famiglia. Chiuda gli occhi e pensi al giorno del funerale. Che immagine le viene in mente? «Quella del cimitero di Lodi, con un vero assembramento di polizia per evitare incidenti. Un commissario non voleva che la bara venisse portata a spalla percorrendo il viale centrale del cimitero Maggiore, perché lo considerava un corteo. Invece le sue indicazioni vennero disattese. Di quel giorno, ripeto, mi ha impressionato la quantità di polizia arrivata a Lodi: si temevano scontri, in realtà al cimitero personalmente non ho visto avversari». Li chiama “avversari”... «Oggi si, in quel momento probabilmente avrei usato il termine nemici».
C’è una seconda domanda che facciamo a Rinaldi poco prima di salutarlo: “Era presente pochi giorni fa all’intitolazione della via a Ramelli, si è emozionato?”. «Sì, inutile negarlo. Sono entrato in consiglio comunale a Lodi con l’obiettivo di dedicare una via a Ramelli e oggi quel risultato è raggiunto». A questo punto Rinaldi apre una cartelletta e mette in fila articoli e documenti, sono la sintesi perfetta del percorso che ha portato a via Ramelli. «Leggo sul “Secolo d’Italia” - racconta - che a Thiene hanno intitolato una via a Ramelli, siamo nel 1988. Prendo subito contatti per avanzare a Lodi, come Msi, la medesima proposta. Incassiamo una prima bocciatura. A questo punto proviamo con una raccolta firme a cui viene allegata una lettera-petizione indirizzata al sindaco Andrea Cancellato e firmata da Pierangela Pozzoli, una delle zie di Ramelli». Arriviamo al 1991, la commissione toponomastica del Comune si riunisce: respinge la cancellazione di via Togliatti (proposta dal Msi) ma approva via Ramelli. Rinaldi mostra una mappa comunale dell’epoca: zona Albarola, a penna viene indicata la nuova via Ramelli. Nella commissione toponomastica ci sono Antonio Montani, sindaco (Dc), Bassano Rinaldi (Msi), Luciano Bertoli (Dc), Enrico Pozzi (Pri), Antonella Rugginenti (Psi), Antonio Rizzi (Pci), Alessandro Caretta e Vittorio Bottini.
Il consiglio comunale, nel 1992, bocciò poi l’intitolazione di via Ramelli, in un clima di grandi polemiche. Sarebbe stato l’ultimo passo. Da allora la proposta è sempre rimasta sotto traccia fino ai giorni nostri.
«Ramelli è stato una vittima degli Anni di piombo, ma a differenza di altri è stato ucciso su commissione, da persone che nemmeno lo conoscevano. Come avviene con i mafiosi...», osserva Rinaldi. «Erano anni in cui la società era impregnata di violenza», interviene Borella. E allora chiediamo a Rinaldi un ultimo ricordo: se l’è mai vista brutta? «Certo - risponde senza esitare - tante volte. Ma due volte più delle altre. In un caso ero a Melegnano per una riunione nella sede del Msi e uscendo mi sono trovato in mezzo agli antifascisti che manifestavano. Ricordo ancora di aver visto chiavi inglesi e catene. Per fortuna l’ho scampata. La seconda volta ero a Codogno per un comizio di Franco Servello: noi eravamo una decina, mentre gli altri erano molti di più, siamo riusciti a salvarci in qualche modo, grazie anche al fatto che uno di noi aveva realizzato una fiamma tricolore con la latta e la usò per farsi scudo».
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