Ex assessore assolta dopo 7 anni: «Si chiude un capitolo doloroso»
Zelo, è arrivata a sentenza la vicenda giudiziaria che ha coinvolto nel 2014 Barbara Barbati
Ci sono voluti quasi sette anni per ristabilire la verità, un lungo limbo in cui l’ex assessore all’Edilizia privata e pubblica del comune di Zelo, Barbara Barbati, ha rinunciato all’attività politica ed è stata limitata nella sua attività professionale di architetto. Oggi però ha vinto la sua battaglia: a processo per un presunto abuso edilizio, accusata di aver sfruttato la propria posizione politica nella stessa vicenda, è stata assolta dal tribunale di Lodi “perché il fatto non sussiste”.
«Sono stati anni di grossi patimenti e se non sono caduta è grazie all’affetto di chi mi è stato sempre vicino, il mio compagno, i miei famigliari, il mio avvocato che ha saputo sostenermi e tutelarmi – scoppia in lacrime l’architetto -. Si chiude un capitolo doloroso con un’assoluzione con formula piena che ridà dignità alla mia persona». Ed in effetti l’ex assessore, appena era scoppiato il caso, aveva deciso di rimettere nelle mani del sindaco le sue deleghe scegliendo di uscire dalla giunta e, successivamente, di lasciare anche il consiglio comunale, abbandonando di fatto la politica. «Ho dovuto sopportare il peso di accuse pesanti, che hanno avuto anche conseguenze sul mio lavoro» continua Barbati che si è rivolta per il patrocinio legale all’avvocato Gabriele Teodoro Pierni. La prima memoria difensiva, rispetto ai fatti contestati che risalgono al 2014, è stata depositata a novembre del 2015. I capi di imputazione erano diversi e gravosi, quale ad esempio lo sfruttamento della posizione politica ricoperta per garantire dei permessi a costruire di fatto non dovuti. «L’architetto - illustra l’avvocato Pierti - è stato assolto con formula piena, perché i fatti non sussistono: sia in relazione all’eventuale utilizzo indebito della propria carica politica, sia e a maggior ragione in relazione all’attività professionale in quanto non si è configurato alcun abuso edilizio determinato dall’aver posto in essere atti tali da avallare la costruzione di immobili in difformità al Piano di governo del territorio». L’architetto, invece, secondo la ricostruzione, aveva svolto un’azione congrua (ritenuta tale anche dal tribunale) aiutando il privato (che seguiva come architetto) per l’attività delle pratiche di sanatoria. «La sentenza è definitiva, passata in giudicato, il pubblico ministero non ha proposto appello e la parte civile che si era costituita non ha fatto opposizione ad oggi» sottolinea l’avvocato.n
© RIPRODUZIONE RISERVATA