Ex Linificio, viaggio nel gigante ferito
Incuria e abbandono nella parte non ancora riqualificata della vecchia fabbrica dismessa
In un angolo remoto, ma perfettamente accessibile, senza violare nessun divieto o superare alcuna transenna, c’è anche un salotto degno di un thriller. Sul divano blu – zeppo di sporcizia e ragnatele – c’è un ammasso di sbarre di metallo, insieme a quel che resta di una sedia da ufficio. La seduta è rivolta verso lo spazio sotto il portico coperto. Sulla porta di accesso, aperta, c’è affisso un foglio di carta che una volta era bianco, con l’intestazione del Comune di Lodi che invita a non chiuderla quella porta con catene di sicurezza, perché è un’uscita di sicurezza. Sotto la scala di accesso che conduce al portico, invece, c’è accatastato di tutto. Quelli che sembrano parti di una libreria, pezzi di scaffali, segni della vita che fu, ora sottovuoto. Poco oltre, ci sono altri segni di vita: piccole ciotole di latta e di plastica, quel che resta di confezioni da supermercato, forse per dare da mangiare ai gatti. Risalendo la scale e uscendo all’aperto, uno sguardo alla facciata che racconta la storia industriale del Novecento vista da Lodi è un altro viaggio della mente in ambientazioni alla Silent Hill.
I finestroni enormi - composti da uno scheletro di metallo che disegna piccoli quadrati di vetro - sono occhi giganteschi con le pupille spalancate dai vetri fatti a pezzi. È ancora un percorso a tinte thriller il viaggio nel ventre dell’ex Linificio di piazzale Forni, nella parte che ancora rimane da riqualificare.
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