Lodi città chiusa, si potrebbe dire, parafrasando, e storpiando, uno dei film più noti della cinematografia nazionale come quello che ha consacrato l’attrice Anna Magnani. Esempio quindi di cultura, come quella si fa in città in questi giorni, con risultati eccezionali in termini di presenze, con il Festival dei comportamenti umani. Se per la giornata inaugurale del Festival, e per gli appuntamenti con il superospite Luciano Ligabue e con il critico d’arte e intellettuale Philippe Daverio, sono arrivate in città qualcosa come 1500 persone, distribuite tra l’auditorium Bpl di via Polenghi Lombardo e e il teatro alle Vigne, consacrando, di fatto, il successo dell’iniziativa firmata dall’assessorato alla cultura del comune di Lodi, a suscitare più di un dubbio è stato il “post” appuntamenti. Ovvero, cos’hanno fatto le 1500 persone arrivate nella città del Barbarossa stregate dal cartellone dell’evento? In larga parte nulla davanti ad una città chiusa. Difficile trovare bar aperti fino a tardi, praticamente assenti le iniziative collaterali, magari legate al festival, nessuno che si sia preso la briga di costruire un’offerta commerciale per attirare nei propri locali nuovi clienti sfruttando l’eccezionale volano del festival. Insomma, se qualcuno, dopo gli incontri con gli autori, avesse avuto voglia di fare tardi ricordando le sensazioni della serata, anche volendo avrebbe avuto non poche difficoltà a trovare qualcosa di aperto. «Non c’è stato alcun incontro preparatorio in vista del festival - ha detto Bruno Milani, segretario dell’Unione del commercio, del turismo e dei servizi - : questo non significa che ci siano delle responsabilità da parte dell’assessore Ferrari perché la presenza di una così importante massa di persone conferma la validità dell’iniziativa. Non bisogna dimenticare, però, che questa è una città che da una certa ora in poi è morta e questo problema lo si può affrontare solo mettendo a sistema l’offerta complessiva del territorio». Milani cita il caso dei dehors dei bar di piazza della Vittoria («che noi avevamo chiesto fossero aperti anche d’inverno, un permesso che ci è stato negato») o la «provocazione» dell’apertura dello stesso quadrilatero alle auto, «perché aperta o chiusa, cambia poco: è il sistema che deve cambiare». Sul flop del dopo-festival, con pochissimi bar aperti e nessuna iniziativa speciale, Milani riconosce: «Forse non è stato sufficientemente valutato l’effetto che poteva essere creato dall’arrivo di una rock star del calibro di Ligabue. Questo, certo, è stato un errore anche perché l’evento era in calendario e si poteva immaginare l’afflusso di persone. Ora però bisogna pensare in positivo e al futuro, per fare in modo che occasioni come questa non vadano sprecate». Milani chiarisce anche che «se compito delle istituzioni è creare le opportunità di rilancio, a maggior ragione in un momento di crisi» e «dovere degli imprenditori è coglierle, serve la collaborazione di tutti perché il sistema funzioni, anche dell’amministrazione comunale».
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