Foroni: «Forti timori per il Lodigiano»

Pietro Foroni: «Il superamento del voto capitario e la trasformazione in spa renderanno l’istituto di Tiziano Zanni assimilabile a quello di tutte le altre banche»

Egregio Direttore, come ho avuto già modo di esternare, volevo unirmi alla grande preoccupazione per il recente Decreto Legge approvato dal Governo in materia di riforma delle Banche Popolari.

Se è un mistero su quali siano state le ragioni d’urgenza alla base del decreto (Monte dei Paschi??), purtroppo e ben certo tale norma impone il superamento del voto capitario (un socio, un voto al di là delle quote di capitale possedute) nonché l’obbligo di trasformazione entro 18 mesi in società per azioni delle banche popolari.

Tale normativa possiamo dire, senza ombra di esagerazione, porrà fine al glorioso sistema delle banche popolari che il sottoscritto considera (insieme a quelle di credito cooperativo) come fondamentali elementi per il futuro territorio.

Lo diciamo con ancora più marcata preoccupazione e decisione non solo perché ciò significa la conclusione di una “avventura” illuminata e che tanto ha dato alla storia economica dei territori padani (pensiamo alle esperienza di banche popolari lombarde, venete, piemontesi) e italiani, esperienza nata proprio a Lodi nel 1864 quando Tiziano Zalli fondò appunto la prima banca Popolare italiana, quella di Lodi. Ma soprattutto perché tale riforma inciderà direttamente sul Banco Popolare, sul suo futuro e quindi sui risparmi dei lodigiani e sulle potenzialità di investimento e sviluppo del nostro territorio.

Il superamento del voto capitario e la trasformazione in spa, infatti, snaturerà completamente la ratio, il significato e le modalità di azione del predetto istituto bancario di fatto rendendolo assimilabile a quello di tutte le altre banche.

Infatti, se è ben vero che il voto capitario (una testa, un voto) non può demagicamente significare un utopico controllo da parte di tutti i soci delle strategie bancarie, è altrettanto vero che questo costituisce lo strumento, l’alibi, affinchè la banca comunque sia “costretta” a perseguire politiche di grande attenzione e vicinanza al territorio nonché l’ostacolo, l’impedimento per le acquisizioni di grandi fondi di capitali (magari proprio da parte di quella grande finanza che tanta parte ha avuto nella causazione della crisi economica). Con la riforma cadono tutte queste barriere.

Il fatto che qualcuno dica che tra le ragioni di questa normativa vi sia anche quella di facilitare il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena permettendo l’acquisizione di qualche gruppo bancario che mettendoci i soldi vuole anche comandare, conferma la grande preoccupazione: le grandi banche, i grandi gruppi finanziari ora potranno acquisire, comprare, con facilità queste banche, non più frenate ed impedite, appunto, dal voto capitario.

Mi permetto di riassumere schematicamente quelle che sono le mie più grandi preoccupazioni soprattutto con riferimento al territorio lodigiano:

1 - Preoccupazione per lo sviluppo del territorio lodigiano. La riforma, come detto, aprirà le porte all’ingresso nel capitale di grandi fondi di investimento esteri, ingresso oggi frenato appunto dal voto capitario che ostacola le acquisizioni da parte di questi grandi gruppi. Sarò un “provincialotto” che viene dalla campagna, da un territorio che orgogliosamente ha visto nascere a Lodi il sistema della banche popolari e nella bassa quello delle casse rurali (e qui mi inchino sempre all’opera del Venerabile Pietro Trabattoni da Maleo) oggi credito cooperativo, ma non mi pare che questi grandi gruppi finanziari quando sono entrati a gamba tesa nell’economia italiana abbiano mai portato ricchezza e sviluppo alla nostra economia: hanno fatto solo i loro affari, ci hanno soltanto sottratto “gioielli” del nostro tessuto sociale, economico ed imprenditoriale. E con l’ingresso di questi gruppi, scordiamoci una politica bancaria vicina al territorio. Faranno i loro interessi. Punto. Lontano dal Lodigiano. Punto.

2 - Preoccupazioni per i dipendenti della banca. Con la trasformazione in società per azioni e con l’ingresso inevitabile della “grande finanza”, tempo sei mesi e si comincerà a parlare di ristrutturazione aziendale. Pessimista? No, un’amara e consolidata esperienza.

3 - Preoccupazioni per il risparmio lodigiano investito nella banca.

4 - Infine la preoccupazione per la Fondazione della Banca Popolare. In questi ultimi 8 anni la Fondazione è stata il fulcro del sistema di welfare integrato del nostro territorio nonché di tantissime iniziative di investimento del territorio, iniziative culturali, sociali e sportive (chapeau al suo Presidente e a tutti i membri dei suoi organi). Tantissimi possono essere gli esempi: mi preme sottolineare, ad esempio, che se nella città di Lodi fra pochi anni vi sarà una prestigiosa sede universitaria (la città Lodi dovrà essere capace di cogliere questa grande opportunità e quello che ne deriverà in termini di indotto), grande merito, insieme agli enti locali comune e provincia, va alla Fondazione; se il Lodigiano è riuscito a mettere in campo un fondo anticrisi grande merito va alla Fondazione, così come tantissime tantissime altre iniziative. Che ne sarà della Fondazione?

Per tutti questi motivi manifesto la mia più forte contrarietà al decreto legge approvato auspicando che il Parlamento e la Politica con la “P” maiuscola, le categorie produttive, la cittadinanza, abbiano la forza (sprovveduto ottimismo?) per modificare radicalmente il decreto che dovrà essere convertito dal Parlamento.

Infine, caro direttore, come ho sempre cercato di fare in un’ottica costruttiva, non mi voglio sottrarre ad un dibattito, un confronto sul sistema delle banche popolari e non voglio strappare demagogici e facili applausi. Criticare è facile, proporre un po’ meno. E allora io auspico che una riforma per le banche popolari possa esserci, ma sia ragionata con la necessaria riflessione e al di fuori del quadro di tweet, slogan e di una decretazione d’urgenza di cui proprio non se ne ravvedono gli estremi. Per me le banche popolari dovrebbero tornare ancora di più ad una maggiore vicinanza al territorio facendo in modo che di fatto il risparmio raccolto venga investito per iniziative territoriali e non raccolto per altre forme di investimento. Mi sto riferendo al superamento, in tutto o in parte, per le banche popolari ( e per quelle di credito cooperativo) della famigerata normativa Glass Steagall, quella normativa che non ha più distinto tra banche di raccolta risparmio e quelle di investimento e che tanto male ha fatto all’economia italiana e mondiale negli ultimi 20 anni.

Ma sulle proposte ci sarà tempo di discutere. Oggi è più che mai necessario che tutto il territorio si raccolga nella difesa del sistema delle banche “popolari” manifestando contrarietà al decreto. In nome di una falsa modernità e razionalizzazione, dopo la progressiva distruzione della Provincia (che io ho vissuto principalmente sulla mia pelle a partire dal dicembre 2011, sentendomi a volte solo, da taluni accusato di difendere una poltrona e che ben so cosa significa e significherà), dopo i drammatici tagli ai trasferimenti agli enti locali, nel mezzo di una crisi economica drammaticamente stagnante, difendiamo uno degli ultimi pezzi di fondamenta lodigiane.

Non per vocazione nostalgica, ma perché lo sviluppo del territorio lodigiano non potrà prescindere dal Banco Popolare e dalle banche di credito cooperativo del nostro territorio. Cerchiamo di trovare la forza per superare le tentazioni alla falsa modernità e alla finta razionalizzazione, come Ulisse superiamo il canto tentatore di quelle sirene nelle quali siamo già caduti quando hanno imposto la progressiva scomparsa della nostra provincia. Il cuore dei problemi, anche in questo caso, sta altrove.

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