Il cocktail si trasforma in una pillola

Una capsula bianca come quelle che di solito si vendono in farmacia. Si appoggia sulla punta della lingua, reagisce con la ptialina, un secreto delle ghiandole salivari umane. In pochi secondi, dieci o quindici al massimo, si scioglie. E il gusto dell’alcool esplode in bocca coprendo tutte le papille gustative. È una delle nuove frontiere delle serate lodigiane: si chiama cocktail molecolare. In questo caso, la pillola non serve a curare nulla. Per i giovani, è un modo di “giocare” durante i venerdì e i sabato sera che passano di stanza al Blush di via Guido Rossa a Lodi. I gestori, per stare in tema medico e dintorni, si sono anche inventati una serata dal titolo emblematico: si chiama “Dr. Blush”. Per le ragazze che servono al banco è d’obbligo la mise da crocerossina, con tanto di cappello, per i ragazzi, barman compresi, c’è la tenuta da chirurgo. Nel locale è tutto un trionfo di pompette, siringhe senza ago ad uso alimentare, riempite di liquore, vodka e simili, e capsule al sapore alcolico che vengono distribuite gratuitamente per invitare i ragazzi a giocare sul tema. All’interno, ci sono solo poche gocce di liquore, ma il risultato è immediato. Sciogliendosi la gelatina, il liquore inonda la lingua e la sensazione è quella di aver assaporato un concentrato di liquore. La “pillola” alcolica, al Blush, viene servita anche all’interno di un drink più complesso che, già nel nome, richiama uno scenario da sempre popolato da medici legali e guanti in lattice, ovvero Csi, dal celebre telefilm sulla polizia scientifica d’Oltreoceano. Ideato da Diego Ferrari, 34enne lodigiano, che da 18 anni è un professionista del settore, citato in oltre un centinaio di articoli e pubblicazioni, è composto da un bicchiere molto particolare che contiene una miscela di diversi ingredienti (in cui la base è la vodka o il liquore al frutto della passione a cui viene aggiunta della lemonsoda), servito su un vassoio di legno con accanto una siringa senza ago e una capsula, «realizzata con gelatina farmaceutica che viene regolarmente acquistata in farmacia - spiega il professionista - e in cui metto alcune gocce di liquore, solitamente più amaro, con una pompetta. Il cliente mette la pillola in bocca, aspetta l’esplosione del gusto, poi beve il cocktail». Come ultimo passaggio, svuota il contenuto della siringa, un altro liquore, nel bicchiere vuoto, giocando a fare il piccolo alchimista e assaporando un altro gusto. L’idea di mescolare scienza e struttura degli ingredienti ha spopolato prima a Barcellona, poi a New York. «La quantità di alcol contenuta è pari a 12-13 centilitri, come per qualsiasi altro long drink - aggiunge Ferrari -: l’equilibrio non sta nel numero di ingredienti che contiene, ma nella capacità di miscelarsi al meglio che spetta al barman». Ad andare per la maggiore è anche un altro drink decisamente inusuale in cui, prima di bere, il cliente mangia un piccolo fiore che appartiene al bouquet del curaro, il veleno. «In questo caso per cinque minuti tutte le percezioni saranno anestetizzate - spiega il professionista -: una sensazione che dà un gusto diverso anche al cocktail che viene bevuto successivamente».

R. M.

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