A Brooklyn per un viaggio di formazione. Dal 7 al 13 giugno, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Giuseppe Rossi e il responsabile dell’ufficio tecnico Maurizio Bracchi hanno volato a New York. per visitare il Methodist hospital. Viaggio in aereo da Malpensa, il giorno 7, poi alloggio in hotel in Central Park South. «Tutto a spese di Tecnologie sanitarie», assicura il manager. «Nel contratto che abbiamo stilato con Tecnologie sanitarie, il provider che ha vinto la gara per l’innovazione tecnologica e la manutenzione - commenta Rossi -, è presente un capitolo che riguarda la formazione del personale. Tutti i medici e i primari vanno ai congressi a spese delle aziende farmaceutiche. Tecnologie sanitarie ha finanziato solo il viaggio e l’alloggio, il resto è stato pagato da noi. C’è l’assoluta trasparenza ed evidenza delle cose».
«Il direttore generale ha diritto a fare formazione e l’azienda non ha tirato fuori nulla», taglia corto il direttore amministrativo Francesco Magni.
Il Methodist hospital è l’ospedale dei sogni di Rossi. «È una struttura simile alla nostra, non è un ospedale per gli americani ricchi - commenta -; ha circa 800 posti letto, ma è ecograficamente competente, come quello che vorrei realizzare a Lodi. Non esistono Tac e radiografie, sono sostituite dalle ecografie. Ed è così che vorrei fosse anche Lodi. Vorrei che soprattutto per i bambini non ci fossero esami che comportano radiazioni. E poi il Methodist ha un pronto soccorso con 50 postazioni, alcune delle quali per l’ostetricia e una decina per i pazienti pediatrici. Hanno una qualità impressionante, anche se dal punto di vista dell’ambiente noi siamo meglio. Hanno 3 sale di emodinamica e fanno 30 procedure al giorno. Esistono modelli operativi completamente diversi. I medici del Pronto soccorso, ho potuto constatarlo ancora, sono veramente pagati il doppio degli altri e tutti fanno la corsa per andare in quel reparto. In pronto soccorso non ci sono consulenti cardiologi, ortopedici o altro. Al massimo sono gli stessi prontosoccorsisti che fanno consulenze nei reparti. Lì, dopo la laurea, l’attività è trasversale. Uno specialista è obbligato a fare tutto».
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